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Dottor Dini, guardiamo a British Telecom

Pubblicato il 01/06/1995 @ 17:21 in Varie


Ricordate lo slogan del fortunato e premiato spot televisivo di Armando Testa per Telecom, ‘Il telefono ti allunga la vita’? A chi allunga la vita la mamma che prepara la pasta, mentre il simpatico Lopez si dondola tranquillo davanti a un imponente plotone di esecuzione? Via con la psicoanalisi da salotto, col giochino delle associazioni libere: pasta, fili, cavi, reti-cavo: trovato! Mamma Stet prepara le reti cavo che garantiscono la vita a Lopez-Telecom minacciato dai truci esecutori, (dove invano ho cercato somiglianze con Van Miert e Amato, nonché col sottoscritto). Lopez aspetta tranquillo sulla seggiola: sa di che sono armati i fucili del plotone liberista; antitrust, regolazione asimmetrica, regole europee per il 1998, timori del Moloch delle infrastrutture. Si dondola e si allunga la vita. Non farebbe meglio a saltar giù dalla seggiola, volteggiare sul muro del forte, e coraggiosamente correre per l’aperta campagna?

Fuor di metafora, è Lopez-Pascale sicuro che questa strategia sia quella giusta? Dato che di Stet siamo tutti noi proprietari, finché la maggioranza è detenuta da Iri, cioè dal Tesoro, la cosa ci interessa non poco e ci fa ritrovare i toni della serietà.
La strategia di Pascale è evidentemente quella di proteggere la propria posizione di monopolio oltre il 1998, data in cui l’Unione europea ci impone di liberalizzare anche il servizio di telefonia locale. E lo fa cercando di arrivare a quell’appuntamento avendo sostituito al monopolio legale il monopolio di fatto. Se, a livello paese, riuscisse a comperare alcuni degli altri sistemi di dorsali, se, a livello urbano, avesse occupato cablando le città più ricche e densamente popolate, chi volesse stendere altre reti nazionali si troverebbe a dover partire da zero, e nelle città potrebbe solo cercare di raccogliere le briciole. Tutto questo ha un costo: per la rete delle Fs si parla di un’offerta da 700 Mld, un prezzo d’affezione, dato che la rete pare tecnologicamente non rnoderna.
Per le città, Pascale ha previsto un investimento di 13 mila Mld. Perché i conti tornino bisogna che Stet possa mantenere alte le tariffe (che in molti casi sono tra le più alte d’Europa), senza far beneficiare gli utenti dei vantaggi che la rivoluzione tecnologica in atto nella telefonia potrebbe consentire: Pascale parla di un ‘riequilibrio’ delle tariffe, che non lascia presagire nulla di buono.
Pascale cioè costruisce un costoso muro intorno al monopolio: e spera che il muro regga di fronte all’ondata di liberalizzazioni che percorre tutto il mondo delle telecomunicazioni. È una strategia rischiosa, e tale sembrano averla giudicata gli investitori, che hanno fatto scendere del 10 per cento il prezzo delle azioni Stet dopo che Pascale ha annunciato il piano di cablatura dei 10 milioni di case. I mercati finanziari sono abituati ad anticipare gli scenari futuri: e un investitore istituzionale americano o inglese, che fruiscono a casa loro di servizi sempre più liberalizzati e concorrenziali, devono avere qualche preoccupazione prima di acquistare azioni di una compagnia telefonica che va controcorrente, in un paese che pensa di potere continuare a essere diverso da tutti gli altri.
È l’unica strategia possibile? Per rispondere, basta guardare a quello che è successo in Inghilterra. Lì nel 1982 finisce il monopolio di British Telecom nella telefonia vocale: nasce Mercury, il secondo operatore. Nel 1990 si liberalizza a livello urbano e domestico: da allora sono state date oltre 130 licenze di cablatura cittadina, che forniscono sia servizio televisivo che telefonico: nel 1998 il programma è di raggiungere il 70 per cento delle case. Piccolo particolare: tutto finanziato con capitale privato.
Disastro per British Telecom? Nient’ affatto. Esposta alla concorrenza nel mercato domestico, Bt si è affacciata al mondo: nel 1991 acquista l’americana Tymnet, la più grande rete a commutazione di pacchetto del mondo. Nel ’94 si allea con Mci, uno dei concorrenti americani di At&t. Nel ’94 entra in Spagna. Nel ’95 si allea con Viag in Germania, per entrare nella telefonia business e in quella domestica; nasce Telenordia per operare in Svezia. Invece che costruire muri a casa propria, sfrutta i varchi tra i muri che cadono a casa d’altri. E protegge il proprio mercato investendo, migliorando i servizi, abbattendo le tariffe. Investimenti: dal 1984 investe 2,5 Mld di sterline all’anno, contro una media precedente di 1,3. Qualità dei servizi: oggi falliscono 5 chiamate su mille (prima era 32); gli ordini per nuove linee sono evasi nel termine pattuito nel 97 per cento dei casi (prima nel 74 per cento). Tariffe: dal ’93 al ’97 si abbatteranno in termini reali del 7,5 per cento all’anno (prima dell’84 era del 3 per cento l’anno). E i conti della società? nell’84 fatturava 6,9 Mld di sterline: oggi 13,6. L’utile ante imposte, che nel 1984 era di 990 Milioni di sterline, oggi è di 2,76 Mld£.
Dottor Dini, lei che in quanto ministro del Tesoro rappresenta i nostri interessi di ‘proprietari’ di Stet, non crede che sarebbe il caso di chiedere all’amministratore delegato della nostra società se la strada su cui sta mettendola non sia quella sbagliata?
Prima di Lopez, Telecom ci mostrava una ragazzina al telefono con due fidanzatini: «ma quanto mi ami?» A me faceva pensare a un cliente italiano che si apre per la prima volta alla concorrenza e si diverte un po’ con due che ambiscono ai suoi favori. Forse per questo lo spot è stato sostituito: era pubblicità ingannevole.

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