Dopo il PD il diluvio

settembre 13, 2007


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair

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da Peccati Capitali

(per il Governo Prodi)

Le previsioni sulla tenuta del Governo Prodi vanno in altalena più degli indici delle Borse dopo la crisi dei sub-prime: un giorno sembrano certe crisi in autunno ed elezioni in primavera, il giorno dopo basta un colloquio un po’ più lungo del previsto e le fronde (!) di Veltroni e Rutelli sono acqua passata, finché una frase di Mastella sulla manifestazione della sinistra del 20 Ottobre non rimette tutto in discussione.

Un’instabilità inevitabile: se il futuro segretario del PD ha da essere il candidato del centrosinistra nel 2011, questo Governo è provvisorio. Succede ai Presidenti americani al secondo mandato, dove è previsto dalla costituzione, figurarsi se non succede a Prodi (con un possibile parallelo, la questione fiscale a giocare il ruolo dell’Irak nell’ultima parte della presidenza Bush). Questa coalizione è a tempo determinato: solo Prodi era in grado di offrire le garanzie che hanno consentito tanto spazio alle sinistre antagoniste, un’alleanza così spostata a sinistra sarebbe improponibile una seconda volta. Questo produce una asimmetria: i partitini della sinistra sanno di essere dei “precari”, il PD invece gode di una nuova libertà strategica. Di qui le “alleanze di nuovo conio “ di Rutelli, le maggioranze prefigurate da Veltroni, con programmi che siano punto di convergenza tra simili e non compromessi tra diversi. La diarchia Prodi Veltroni può ricomporsi altre cento volte, ma resta il fatto, causticamente notato da Cesare Salvi, che Veltroni non può continuare “a ripetere ogni giorno cosa farebbe se fosse Presidente del Consiglio senza peraltro esserlo”: tanto meno dopo il 14 Ottobre.

Come costruire l’identità del nuovo soggetto, come governare il cambiamento di strategia? Il Governo potrebbe anche cadere per iniziativa di qualche partitino che, perso per perso, rovesci il tavolo per impadronirsi della bandiera dell’antagonismo. E’ il cambiamento atteso dalla nascita del PD a produrre l’ipotesi di un Governo di transizione: un esecutivo a tempo determinato dove si decantino le tensioni, in cui sperimentare nuove ipotesi politiche, giustificate dalla necessità di approvare la nuova legge elettorale. Berlusconi forse ci starebbe in cambio della certezza di votare nella primavera del 2008: ha difficoltà con la sua maggioranza, la sua “magia” si appanna, perfino molte difficoltà del Governo Prodi gli si ribaltano addosso, per non aver risolto quei problemi quando poteva. E il centrosinistra ha l’interesse di lasciare che il vuoto di idee del centrodestra diventi col tempo sempre più evidente.

Ma c’è il referendum a scandire inesorabile i giorni; le soluzioni proposte per evitarlo sono carte nel gioco che ha per posta l’assetto politico del Paese. Il pericolo è che finisca in un compromesso di cui far le spese sia il bipolarismo. Questo sì che sarebbe un peccato capitale: imperdonabile.

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