Domande al Wind

dicembre 4, 1997


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio


“Blowing in the wind” cantava Bob Dylan alla presentazione di Wind, la joint-venture tra Enel, France Télécom e Deutsche Telekom: telefonia fissa, cellulare, Internet, per aziende e famiglie. I grafici illuminavano il futuro: otto milioni di utenti, diecimila posti di lavoro, 12.000 miliardi di investimento. Dodicimila miliardi: e chi li mette?

L’Enel non apporta la sua rete in conto capitale, ma la affitta: con denaro fresco diventa oggi azionista al 50% di Wind, a suo carico – cioè a carico della sua bolletta elettrica – dovrà provvedere al 50% delle necessità finanziar­ie. E poi, dodicimila miliardi è l’investimento previsto o il fabbisogno finanziario, “la pancia negativa del cash flow”? E’ per meglio valorizzare il vostro asset, assicurano vertici Enel. Valorizzare come? Perché aumenterà il canone di affitto che Wind paga all’Enel? quanto è oggi? di quanto aumen­terà? Oppure quello che si valorizza è il cas­h flow del monopolio, investendolo in una nuova azienda telefonica? Quale guadagno in conto capitale ci assicurano Testa e Tatò? più di quanto darebbe un fondo azionario tel­efonico mondiale? più di un fondo azionario generico? più che facendo il mestiere dell’ente nazionale, cioè produrre e vendere energia? più di quanto guadagnerebbero gli utenti di Enel, se investissero come meglio credono i danari che Enel ha indeciso di in­vestire per conto loro, senza interpellarli?

Le risposte certo ci sono, basta chieder­le: come parlamentare poi sono un privile­giato. Faccio per chiamare Chiccho Testa o Franco Tatò: no, non voglio approfittare di una lunga cordialità con una richiesta che potrebbe creare imbarazzo; più cor­retto inserire un filtro istituzionale. Il mi­nistero dell’Industria? ma quello si occupa di elettricità, mica di telefoni. Il ministero delle Poste, pardon, delle Comunicazioni, allora? ma quelli trattano di tariffe e li­cenze: è italiano il soggetto richiedente l’autorizzazione? bene; è di Stato? meglio. Il proprietario, l’azionista, allora? ma il Te­soro – l’ha dichiarato più volte – non fa po­litica industriale, gestisce le aziende come investimenti finanziari. Deve portare l’Ita­lia in Europa, con tutto quello che ha da fa­re, ci manca ancora che esamini i singoli piani aziendali. Un’interrogazione parla­mentare, allora? Ho un soprassalto di or­goglio: quella che – te lo insegnano il primo giorno – come una croce di cavaliere e un sigaro toscano, non si nega a nessuno. De­vo rassegnarmi: chi risponde di quanto frutteranno i soldi della bolletta investiti nei telefoni, proprio non lo riesco a trova­re. Resto anch’io, con la mia domanda, “blowing in the wind”.

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