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Dilemma del trattino

Pubblicato il 08/10/2004 @ 13:37 in Giornali,Panorama


Un nodo irrisolto nel centrosinistra

Centrosinistra o centro-sinistra?
Sono passati otto anni ma il trattino – copyright Francesco Cossiga – continua a essere il problema irrisolto di un’opposizione che, a differenza dell’attuale maggioranza, è costituita intieramente sui partiti tradizionali, fondata sul loro capitale di tradizioni e di storie, di battaglie vinte e perse, di idee e di ideologie.

Via il trattino: e abbiamo il partito democratico, l’unione dei riformisti, il partito dell’Ulivo. Ma prima che si sia materializzato sopravviene il timore di smarrire il proprio radicamento, la possibilità di misurarlo e soprattutto di farlo pesare. E allora ritorna il trattino, la teoria della divisione dei ruoli, delle due gambe, una che catturi i voti moderati di centro l’altra che assembli tutte le sinistre e ricuperi l’astensionismo. Era, fino a due anni fa, la bandiera del correntone diessino, di Cesare Salvi, di Sergio Cofferati vecchia maniera; finché l’implacabile duttilità di Piero Fassino è riuscita a ridurre il dissenso alle sue reali proporzioni e a ricostituire con Guglielmo Epifani la tradizionale sintonia tra segreteria del partito e segreteria del sindacato.
Oggi il trattino è un cuneo piantato nella Margherita, che si conferma l’anima più travagliata dello schieramento. Vennero dalla Margherita in passato anche le più virulente espressioni di estremismo antiberlusconiano e antibushiano, l’egualitarismo più utopico, il pacifismo più aggressivo. Oggi il trattino separa posizioni che si contrappongono non già sui programmi, di cui si continua a non parlare, ma sui modi in cui arrivare a definire i programmi; non sulla leadership (quella di Prodi continua a restare indiscussa), ma sulle garanzie da offrire alla sua leadership. Sulla formula federazione dell’Ulivo la convergenza è unanime, ma quanto trattino nasconde al suo interno?
Forti della pax fassiniana, i DS si distinguono per un rilevante senso di responsabilità; Fassino e D’Alema non restituiscono con gli interessi le accelerazioni e i dietrofront che Prodi ha impresso al progetto federativo. Una condotta che serve a non aggravare i danni che pure ci sono stati e che si riflettono nei sondaggi; ma che potrebbe essere anche un oculato investimento per il futuro, da incassare se poi la Margherita dovesse implodere o Prodi stesso scartare.

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