Dibattito: ma quel verdetto è tanto bulgaro?

marzo 8, 2001


Pubblicato In: Giornali, La Stampa


La delibera Antitrust sul caso Enel Infostrada è stata oggetto di una singolare attenzione da parte della stampa, quasi sempre con toni critici: sono giustificati? Ricordiamo il fatto e riassumiamo le critiche.
Il fatto: l’autorità di Giuseppe Tesauro ha dato il proprio accordo a che Enel acquisti Infostrada da Vodafone, subordinato alla condizione che Enel venda centrali per un totale di 5500 MW, oltre i 15.000 già previsti dal decreto Bersani che liberalizza l’energia elettrica.

Prima critica: Bruxelles, a cui l’operazione doveva essere notificata, aveva dato un sostanziale via libera: perché Roma ha deciso diversamente?
Seconda: quella di diventare un’impresa multiutility è una decisione strategica che spetta all’azienda. L’Antitrust la ostacola, travalicando i suoi compiti e facendo politica industriale.
Terza: l’Antitrust avrebbe dovuto semmai intervenire sul segmento della distribuzione; che relazione c’è tra l’offerta di servizi telefonici e la generazione di energia elettrica?
Quarta: quanto al taglio di capacità produttiva i critici si dividono; per alcuni l’Antitrust fa troppo, perché non ha diritto di modificare ciò che il Governo ha stabilito; per altri fa troppo tardi, perché sarebbe dovuta intervenire indipendentemente dal caso Infostrada.
Riassumendo: quello dell’Antitrust sarebbe un “verdetto un po’ bulgaro” emesso perché “su Tatò e sull’Enel si può sparare a volontà […] usando anche armi improprie” (Giuseppe Turani su Repubblica del 4 Marzo).

Incominciamo dalla prima accusa, il diverso atteggiamento di Bruxelles: il regolamento prevede che l’Autorità nazionale possa chiedere un rinvio per potere istruire lei il caso. Qui il mercato in cui cambia qualcosa è quello italiano dell’elettricità: per cui il rinvio era d’obbligo, e le accuse a Mario Monti di un giudizio pilatesco appaiono infondate.
Veniamo a quella sulle multiutility, cioè sulle imprese che si propongono come fornitore unico di tutte le utenze domestiche, acqua, elettricità, telefono. Non sono state le forze del mercato a fare imboccare al paese la strada delle multiutility, ma una decisione politica: è stato il Governo a consentirlo ad un Enel monopolista e pubblico; i minori si sono accodati. Né questa decisione ha aumentato il valore della partecipazione, come invece suggerisce Francesco Giavazzi sul Corriere del 5 Marzo, posto che per la maggior parte degli analisti (e ora per Enel stessa) il prezzo per Infostrada era troppo elevato. E comunque sul tema multiutility l’Antitrust non è intervenuta.

Turani sostiene che l’Antitrust, anziché contrastare, dovrebbe favorire l’ingresso di un concorrente “forte” nel settore telefonico. A ben vedere Omnitel e Infostrada il loro spazio di mercato se lo sono conquistato senza il monopolio elettrico alle spalle. Il problema non sta nel mercato telefonico, bensì in quello elettrico: questa è la ragione per cui la terza critica è infondata.
Acquisendo una significativa presenza nel mercato telefonico, Enel, che già detiene una posizione dominante nel mercato elettrico, si rafforza. La gestione della rete ad alta tensione è pubblica, per la distribuzione il decreto Bersani consolida il monopolio locale: l’unico segmento in cui c’è un mercato concorrenziale è quello della generazione, e lì interviene l’Antitrust, imponendo la vendita di ulteriori centrali.
“Perché non l’ha fatto prima?”, recita il quarto capo d’accusa. L’Antitrust può intervenire solo quando c’è un fatto nuovo, una fusione o concentrazione. Prima poteva solo dirlo, e lo ha detto chiaro e tondo tutte le volte che il suo parere era richiesto, ad esempio sul decreto Bersani. Sono stati in tanti a dire che così si consegnava ad Enel una posizione dominante, dall’Autorità dell’Energia a Confindustria; ora perfino il Ministro Letta chiede ulteriori dismissioni.

Alcuni hanno detto che, imponendo di vendere altri 5500 MW, l’Antitrust avrebbe decretato il break-up dell’Enel, analogo a quello che il Giudice Jackson ha chiesto per Microsoft. Non esageriamo: riferito al totale dell’energia contendibile, oggi Enel ha una quota del 75%, senza le Genco scenderebbe al 57%, con 5500 MW in meno sarebbe ancora sopra il 50%. E poi questo non è un break-up, questa è una vendita. Il ricavato, anziché distribuirlo agli azionisti (e destinare il 65% che gli spetta ad ammortare il debito pubblico) il Governo lo lascia all’Enel: che potrà perfino impiegarlo per diversificarsi ulteriormente verso le multiutility , insieme ai 5000 miliardi di sconto che, con l’occasione, potrebbe spuntare da Vodafone.

Se questa è una “arma impropria”….

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