Dialogo immaginario sulla RAI, Berlusconi e dintorni

maggio 1, 1995


Pubblicato In: Varie


Il mio amico benpensante lo incontro in libreria, reparto saggi.
Passeggiamo un po’ tra i titoli chiac­cherando dell’attualità politica.
Arriva puntuale la domanda: “Quando andremo a votare? Ho letto che lei voleva andarci a giugno: ma come si fa con questa situazione delle TV?”

Io: “Già: e il guaio è che più si prova a metterci mano, più il problema sembra ingarbugliarsi.”

Lui: “Ma così è immorale!”

Io: “Oltretutto c’è un intero settore industriale che ne risulta inquinato e ne soffre. Con il bisogno che abbiamo di creare nuove occasioni di lavoro!”

Lui: “Ma che cosa vuole che gliene importi a quello: lui ha già vinto un’e­lezione con le televisioni: se non si fa qualcosa, con le televisioni vincerà anche queste.”

Io: “Vedo che lei conosce lo studio di Ricolfi, secondo cui la TV avrebbe spo­stato il 10% dei voti. Ma ammetterà, che senza Berlusconi il quadro politico oggi sarebbe ancor più simile ad una riedizione della prima repubblica. Non le pare che la vera anomalia è che un padrone di televisioni si debba candida­re a capo del governo per modificare un quadro politico, esso pure diventato anomalo?”

Lui: “Ma c’è una clamorosa ingiusti­zia: lui ha le televisioni e gli altri no.
In nessun paese liberista un proprietario di televisioni potrebbe assumere posi­zioni di Governo. Speriamo almeno passino le proposte presentate in Parlamento sul conflitto d’interessi così chi possiede aziende in settori strategici sa che, se vuole governare, dovrà venderle.”

Io: “Ci sarebbe molto da discutere, la questione di regolare i possibili conflitti d’interessi è delicata. Risolvere solo il problema Fininvest potrebbe essere una vittoria di Pirro: una legge ad personam potrebbe far guadagnare voti a Berlusconi, quindi favorirne il successo; giunto al potere, avrebbe buon gioco di farla subito abrogare, o di renderla inefficace governando per interposta persona. Non pensa che sarebbe ancor peggio?”

Lui: “Mi sembra che l’aria di Roma non le faccia bene. Almeno sarà d’accordo sulla proposta Veltroni: Finivest e Rai vendano ognuna una rete.”

Io: “Certamente; ma non vedo come questo di per sé risolva il problema che sta a cuore a lei, e, se ancora mi crede, anche a me. Berlusconi dovrebbe sce­gliere tra Fede e Liguori: contento. Provo invece a farle una domanda: lei è liberista, no? E quando Agnelli, all’e­poca di Pomigliano, se la prendeva con la concorrenza a suo dire sleale dell’Alfa Romeo, lei da che parte stava? E nella disputa tra Telecom e Omnitel sui telefonini? E nel momento alto del sogno di Gardini, era dalla parte dell’ENI o di Montedison?”

Lui: “Sa benissimo che io ho sempre voluto che lo stato non rubasse il mestiere agli imprenditori, dilapidando i nostri soldi in fondi di dotazione.
Ma che c’entra?”

Io: “E allora, nel settore televisivo ita­liano, qual è la presenza anomala, quel­la di Berlusconi o quella della RAI?”

Lui: “Vuol dirmi che la RAI è il lupo e Fininvest l’agnello?”

Io: “Ma almeno non avremmo il lupo con pelle d’ agnello: Berlusconi non avrebbe potuto mettere i suoi uomini nel consiglio RAI. Vede, si parla di pri­vatizzare, perchè non si mette in lista anche la RAI, tenendo in mano pubbli­ca solo una rete, con compiti istituzio­nali e culturali?”

Lui: “E se la compera un socio occulto di Berlusconi?”

Io: “Può succedere, ma sui mercati nor­mali già vigilano l’Antitrust, Bruxelles.
Invece che fare una seconda Antitrust, perchè non fare il mercato? Dimentichi per un momento il ruolo politico di Berlusconi: c’è un settore industriale con una presenza pubblica ed una pri­vata: lei vorrebbe ridurre quella privata o quella pubblica? Questa anomalia pubblico-privato dà armi a Berlusconi: tre reti lui perchè tre ne ha la RAI, monopolio pubblicitario lui perchè la RAI ha il canone così non si esce dal duopolio.
Invece in un mercato normale, numero di reti, tetti pubblicitari, incroci di par­tecipazioni, tutto sarebbe più semplice da regolare. Un concorrente vero di Fininvest avrebbe tutto l’interesse a dif­ferenziarsi, per non alienarsi fasce di spettatori, deludendo gli sponsor: forse che i progressisti non mangiano pasta Barilla o i prosciutti Rovagnati?”

Lui: “Ma chi vuole che comperi quel carrozzone che è diventata la RAI?
E poi: quanto tempo ci vuole? Proprio lei che voleva votare a giugno: giugno di che anno?”

Io: “Che l’eccesso di personale in RAI sia un problema lo so bene.
Vogliamo tenercelo, o vogliamo affron­tarlo? Quanto al tempo, temo proprio che nell’immediato non ci sia altro che questa grottesca par condicio. D’altra parte, nel paese che ha messo i braghet­toni a Michelangelo…. Anche se un’e­lezione non è il giudizio universale!”

Lui: “Da quando si è messo in politica lei è sempre più paradossale: prima le pensioni, poi il voto, poi Prodi a Milano, adesso l’antitrust contro la RAI!”

Io: “Non son tanti quelli che vogliono comprare televisioni: perché lasciare che quei pochi risolvano i problemi di Berlusconi, e non i nostri?”

Lui: “Dovremo quindi ancora avere un padrone di televisioni Presidente del Consiglio?”

Io: “Io lavoro perché si viva in un paese che non voglia avere un Presidente del Consiglio padrone di televisioni: che oltretutto ha dimostrato di non saper governare. Dato che noi le televisioni non le abbiamo, dobbiamo supplire con la coerenza: e ammetterà che la mia proposta almeno è coerente.”

Lui: “La saluto, sennò mi perdo Biagi.” E se ne va scuotendo la testa.

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