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Derby Stato-mercato a Genova. Chi può vincere e perdere secondo Debenedetti

Pubblicato il 12/09/2018 @ 15:36 in Giornali,Varie


Parla del Ponte Morandi, il ministro Toninelli in audizione alla Commissione Ambiente della Camera: e questa non è una notizia. Lo è invece che questa è stata l’occasione per adeguarsi a, e rafforzare, con il peso della sua autorevolezza, il nuovo corso di euro-rispetto che tanto successo ha riscosso a Cernobbio. “In questi minuti – ha detto ai deputati – è in corso un incontro a Bruxelles per verificare se si possa derogare al Codice degli Appalti perché si possa fare l’assegnazione immediata senza gara ad un soggetto pubblico come Fincantieri la ricostruzione del ponte”. Altro che il 3%, altro che Tria: al ministero delle Infrastrutture non muove foglia che Europa non voglia. Che lo si sappia e che cali lo spread.

A ben vedere è il classico gioco win-win: perché, ove quella autorizzazione arrivasse, sarebbe una vittoria, di merito e di metodo, per il partito della legalità; in caso contrario sarebbe un argomento in più per il partito della sovranità. Che poi, oltre al codice degli appalti, ci sia anche il codice civile, che oltre alla Commissione europea ci siano anche i tribunali italiani, i soli che possono consentire di derogare ai diritti/doveri di Autostrade per l’Italia di provvedere, in virtù di una concessione al momento ancora pienamente in vigore, alla riparazione di un bene, il ministro sembra non curarsi: come oserebbe un giudice opporsi alla volontà di un partito che ha avuto il 33% dei voti?

Questo per il “de jure condito”. Per il “de jure condendo”, il ministro ha colto l’occasione per far conoscere ai deputati la nuova linea che verrà seguita per le concessioni. Tutti i concessionari dovranno comprendere “che l’infrastruttura non è una rendita finanziaria, ma un bene pubblico che il Paese e, quindi, i cittadini sono disposti ad affidare alle loro cure solo a patto che il lucro in concreto ricavato sia ampiamente compensato dalla garanzia assoluta di sicurezza stradale e di tutela delle vite di chi si mette in viaggio, nonché di una gestione globale del servizio resa a condizioni di reale efficienza”.

“In concreto”, chiarisce il ministro “ saranno vincolati a reinvestire buona parte degli utili nell’ammodernamento delle infrastrutture”. Ci sarà cioè un prelievo sugli utili (ante imposte?) che i concessionari dovranno obbligatoriamente reinvestire per ammodernare le infrastrutture (la cui assegnazione potrà avvenire con deroga al codice europeo degli appalti?). Cioè i concessionari saranno sostituti di imposta per una tassa di scopo. Le spese come ammodernamento verranno comprese ai fini dell’adeguamento delle tariffe?

Il ministro non l’ha detto ma crediamo di non sbagliare attribuendogli una risposta negativa. Ora il valore di una concessione è la somma degli utili annuali netti attualizzati al tasso previsto per la durata della concessione. Quindi il prelievo in più comporta un valore in meno che lo Stato incasserà per la concessione (i corsi di rieducazione dei concessionari affinché comprendano, il lucro sia compensato ampiamente, la garanzia sia assoluta e l’efficienza reale, si immagina siano gratuiti). Nulla questio per le concessioni future: se invece valesse anche per le concessioni in essere, si dovrebbe attualizzare il valore dei “prelievi” per gli anni restanti della concessione; se lo Stato lo ripagasse con un credito di imposta, il circolo sarebbe perfetto.

Si pensa male se si sospetta che nella mente del ministro questa sia la premessa e questo il metro per giudicare i comportamenti passati. In tal caso sarà non inutile ricordare che le eventuali responsabilità vengono accertate e le eventuali penalizzazioni irrogate non dal Governo ma dall’autorità giudiziaria. Che, ove le iniziative del Governo non trovassero convalida nella decisone della magistratura, i danni subiti dall’azienda andrebbero rimborsati. E che questi facilmente si configurerebbero come danno erariale.

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