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Debenedetti: Visco e Draghi, i nuovi guai dei banchieri centrali

Pubblicato il 11/02/2013 @ 10:19 in Varie


Intervista di Pietro Vernizzi

Per il governatore Ignazio Visco, la Banca d’Italia “deve poter valutare compiutamente l’idoneità dei manager delle banche, nel rispetto di criteri di trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa”, fino al diritto di sostituire i manager incompetenti assunti dalle banche. Il numero uno di Palazzo Koch, intervenendo all’assemblea Assiom-Forex, ha sottolineato che via Nazionale “deve poter intervenire efficacemente nei casi in cui, sulla base di fondate evidenze, ritenga necessario opporsi alla nomina di esponenti aziendali o rimuoverli.”
Ilsussidiario.net ha intervistato Franco Debenedetti.

Che cosa ne pensa della richiesta di un ampliamento dei poteri formulata da Ignazio Visco?
Siamo di fronte a due esigenze diverse. Da un lato rientra tra i compiti della Banca centrale intervenire per evitare il verificarsi di rischi sistemici. Dall’altro, uno dei diritti che spettano a chi ha la proprietà o il controlla di un’impresa è quello di nominare gli amministratori e di approvarne le strategie. Sono esigerne diverse: sono anche contrapposte? Se la banca centrale prende decisioni di tipo gestionale, inevitabilmente finisce per esserne corresponsabile, e quindi per perdere un po’ dell’immagine di indipendenza, che è un valore fondamentale: anche quello un valore, per cosi dire, sistemico. Questo in teoria. In pratica poi il confine tra vigilato e vigilante si è fatto molto meno netto il giorno in cui è diventato chiaro che comunque si impedirà che una banca fallisca.

Condivide invece la proposta di estendere i poteri della Bce sul modello della Fed?
Proposta? Questa non è una proposta, almeno non una che passa realizzarsi in un arco di tempo definito. Questa rimane un’opinione. La Bce è nata con un solo rnandato, quello di mantenere stabile il valore della moneta. Non é che non si sapesse che la Fed ha un mandato diverso ma si è deciso che così non fosse, che anzi questo determinasse la superiorità del modello su cui si basa l’euro. Aggiungo che i tedeschi non avrebbero mai accettato una formulazione diversa, e non mi consta che nel frattempo siano sulla strada di cambiare idea.

Qual è il punto di partenza su cui si basa la posizione della Germania?
Il presupposto che una moneta che mantiene il suo valore sia la premessa necessaria per una crescita vera, duratura e non drogata. Le politiche espansive protratte per un lungo periodo favoriscono il formarsi di bolle, come dovremmo avere imparato. Se bastasse stampare moneta per avere la crescita, l’Argentina sarebbe il Paese più ricco del mondo.

Perché allora Mario Draghi ha parlato di “mantenere una politica monetaria accomodante”?
Tutto dipende da che cosa vuol dire accomodante. La Bce non ha ridotto il tasso di sconto, attualmente dello 0,75%. In molti chiedevano che la Bce lo riducesse: che non l’abbia fatto e che anzi Draghi giudichi questo come “accomodante” dà un senso affatto diverso alla frase che lei cita. Se andiamo a vedere il resto della dichiarazione, il presidente della Bce ha sottolineato “con soddisfazione” come le politiche di consolidamento fiscale stiano dando frutti in termini di riduzione degli squilibri fiscali e di riduzione del deficit: “I governi – ha avvertito Draghi – dovrebbero costruire su questi progressi in campo di consolidamento fiscale, rafforzando la competitività sul mercato dei servizi e riformando il mercato del lavoro. Avrebbe effetti positivi sulla crescita, sull’occupazione e sulla capacità di aggiustamento’”. La Bce ha un obbiettivo di inflazione non superiore ma vicino al 2%. Con riferimento al rischio che, dopo la decisione del Giappone di svalutare, la situazione degeneri in una guerra tra le valute, Draghi ha anche detto che se l’apprezzamento dell’euro impedisse di conservare quell’obbiettivo inferiore ma vicino al 2%, la Banca avrebbe fatto quello che era necessario. Per ora è bastato a calmare i mercati. Cosi come lo era stato Draghi quando all’apice della crisi dell’equo, si era inventato l’OMT, che sarebbe entrato in funzione nel caso in cui si fosse constatato l’inceppamento del macino di trasmissione delle indicazioni di politica monetaria dal centro alla periferia.

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