Debenedetti: «Albertini? Se mi entusiasma lo voto»

novembre 2, 2012


Pubblicato In: Varie


Intervista di Matteo Rigamonti

Secondo Franco Debenedetti la candidatura di Albertini può riportare tra le gente l’entusiasmo degli anni del miracolo economico

«Una candidatura netta, non il risultato di un calcolo», che se porterà «entusiasmo» saprà raccogliere i voti di molta gente in Lombardia dimostrando così a tutti, destra e sinistra, la sua «vocazione maggioritaria». Spingendo oltretutto il Pd a decidere se abbandonare o meno vetuste logiche di partito. È limpido il giudizio con cui Franco Debenedetti, già senatore Pds e Ds, intellettuale della migliore sinistra riformista, ha sposato la causa di Gabriele Albertini, firmando l’appello dei 100 a sostegno dell’ex sindaco di Milano. Debenedetti, che non ne fa (solo) un «fatto personale», ha appena acquistato la cittadinanza milanese e se Albertini dovesse convincerlo, potrebbe anche decidere di votarlo.

Come nasce l’idea di un appello a sostegno di Albertini?
È abbastanza ovvio che il suo nome venisse fuori appena si è cominciato a parlare della successione alla presidenza della Regione Lombardia. Come sempre in questi casi, il candidato cautamente si defila, e chi pensa che sia una buona idea pubblicamente lo sollecita a uscire allo scoperto. Pensare alla sua candidatura è ovvio. Quello che non è per nulla ovvio è invece il quadro politico in cui essa si collocherà.

Sta pensando alla Lega?
Sto pensando a Berlusconi: dopo la doppia capriola – esco dal campo, no rientro per ripulire la magistratura – ha perso la sua credibilità. Avrà il suo corpo di guardie fedeli, ma come dice Stefano Folli, il centrodestra si sta rendendo conto che non esiste un asse ereditario. Logico che Berlusconi cerchi di riallacciare con la Lega nel Paese, incominciando da Milano. Ma, come si è visto in Sicilia, i giochetti non funzionano più.

Quindi Albertini.
Albertini proviene dall’ambito politico e culturale del centrodestra, ma non è ascrivibile a nessuna corrente. È solo un sindaco di Milano che ha lasciato un ottimo ricordo. La sua sarebbe una candidatura netta, non il risultato di un calcolo, una candidatura – per usare un’espressione mutuata dalla parte politica in cui ho militato – “a vocazione maggioritaria”. Con possibili effetti positivi sul quadro generale. Ad esempio, nel centrosinistra la candidatura di Umberto Ambrosoli è fatta cadere prima ancora che decollasse: ma con Albertini in campo, anche il Pd dovrà candidare persone che non escano dalle consumate logiche di partito. Se non si fa chiarezza, la gente poi non va a votare, proprio come in Sicilia.

Albertini piacerà ancora alla gente?
Le rispondo facendole il caso mio: ho sempre votato da quando ho la maggiore età, ma adesso ho deciso che lo farò solo se c’è qualcuno o qualcosa per cui provo entusiasmo. Ho appena chiuso casa a Torino, ho la residenza a Milano: se vogliono il mio voto, si diano da fare. Un fatto personale? Certo, ma la politica è sempre la risultante di tanti impegni personali. Sono abbastanza vecchio da ricordarmi il clima degli anni del miracolo economico, quando ho iniziato a lavorare. La gente ha insospettate risorse di volontà: ma per uscire dalla situazione in cui ci troviamo bisogna che veda dove si va, e che provi entusiasmo. Con lo spettacolo che la politica ha ultimamente dato di sé, diciamo che provare entusiasmo era proprio difficile.

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