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Corto circuito in banca

Pubblicato il 01/11/2002 @ 10:49 in Giornali,Panorama


Il nodo delle fondazioni e i rapporti con il governo

É stato un fatto senza precedenti, l’assenza del Ministro del Tesoro in carica alla Giornata Mondiale del Risparmio il 31 Ottobre. Una rottura della tradizione non riconducibile alla parsimonia con cui Giulio Tremonti, a differenza dei suoi colleghi di governo, centellina interventi e interviste: e che invece sottolinea un fatto ormai evidente, l’incrinatura dei rapporti tra il Tesoro e il sistema bancario. Anche verso Confindustria ci sono stati strappi, Antonio D’Amato è arrivato a bollare questa Finanziaria come la peggiore da molti anni. Ma, dopo Capri, il filo con i poteri forti in qualche modo si sta riannodando, e qualcosa, su tasse e Mezzogiorno, Tremonti ha promesso di trovarlo. Invece con le banche è diverso, lì il Governo fin dall’inizio ha messo la prua verso l’iceberg: e ha tenuto la rotta costante.

Tremonti, in un’intervista al Sole, aveva sprezzantemente dichiarato che il problema delle incompatibilità delle cariche in Fondazioni e in banche posto da Visco avrebbe ben saputo lui come risolverlo. Da un anno e mezzo, da quando è al governo, ci sta provando: ma tra decreti, ricorsi al Tar, sentenze avverse del Consiglio di Stato, nuovi decreti, nuovi ricorsi, non riesce a venirne a capo.
Non sarò certo io a negare che eliminare il controllo delle Fondazioni sulle banche sia un passaggio fondamentale: quando, nel 1996, proposi un metodo per la vendita da parte delle Fondazioni delle banche conferitarie, era per smuovere quella “foresta pietrificata”, secondo la famosa definizione di Giuliano Amato, e per restituire il sistema finanziario al pieno controllo del mercato. Ma l’azione di un Governo non si valuta dalla correttezza delle sue intenzioni, bensì dall’efficacia dei suoi risultati. Che cosa ha ottenuto il Governo? Nulla, e col sistema bancario c’è un misto di estraneità e di ostilità. E’ stato il Governatore Fazio, non il Ministro del Tesoro, a parlare alla Giornata del Risparmio.

Impantanato in questo Vietnam, il governo trova difficile mettere mano a una serie di problemi di grande rilevanza per l’economia del Paese. Non si allude solo ai temi, delicatissimi, della vigilanza e dell’antitrust bancario, che investono le prerogative di Bankitalia.
Ci sono anche questioni che toccano direttamente l’attività di governo. Le grandi opere, ad esempio, che erano uno dei punti qualificanti del Patto con gli Italiani firmato da Berlusconi davanti a Vespa: per realizzarle sarebbe necessario mobilitare tutte le risorse, finanziarie e organizzative, del Paese. Invece Infrastrutture SpA, costituita per cofinanziare le grandi opere, è vista con sospetto dalle banche, che temono di essere spiazzate da un concorrente pubblico. Oppure gli interventi in aiuto alle imprese in difficoltà: per organizzare i soccorsi, il Governo dovrebbe poter esercitare la sua moral suasion sulle banche ordinarie, e contare sul pieno apporto delle nostre banche d’affari efficienti: al contrario gli interventi che gli vengono attribuiti sembrano prescindere da questi strumenti. E sì che noi saremmo in una situazione assai migliore della Germania, dove il governo Schroeder pensa di intervenire direttamente, in barba ai divieti europei sugli aiuti di stato, per salvare Hypovereinbank.
Noi siamo in mezzo al guado: abbiamo un sistema bancario privatizzato, ma con la pesante interferenza delle Fondazioni; abbiamo un sistema di mercato, ma da cui è bandito lo strumento principe, l’OPA. E le poche risorse di banche d’investimento sono distratte da complicate partite per il controllo. Sarebbe necessaria una strettissima intesa con Bankitalia, e un rapporto franco con il sistema delle banche. Quanto alla prima, sono lontani i tempi della straordinaria apertura di credito di Fazio verso il Governo. E quanto alle banche, la battaglia delle Fondazioni avvelena i rapporti. Il modo con cui Tremonti ha affrontato il problema non è forse il suo errore più grave: ma certo è il più gratuito.

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