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Controllori alla spesa pubblica

Pubblicato il 07/02/1993 @ 12:43 in Giornali,La Stampa


Quanto costa un ospedale, un’autostrada, una diga? Adesso si è preso coscienza della magnitudine del nostro debito pubblico: come si è creata questa montagna di debiti, a seguito di quali decisioni, prese da chi individualmente? Come fare ad evitare il ripetersi degli errori?

Sembra strano, ma è assai difficile rispondere a queste domande. L’attenzione di chi, non esperto di bilanci dello Stato, è pure interessato ai fatti economici, si concentra sull’entità del deficit pubblico. Il lato delle entrate, sostanzialmente il gettito fiscale, è di ovvio ed immediato interesse per tutti. Manca invece, per i non specialisti, uno strumento che consenta di analizzare, valutare l’andamento delle spese per finalità, responsabilità, conseguenze a carico del bilancio dello Stato: e ciò nel momento in cui le decisioni son prese. Quello che segue è lo schema di una proposta per dotarsi di un siffatto strumento.
Come si origina l’aumento del deficit rispetto al previsto? Banalmente perché ci sono:
- minori entrate, a causa di previsioni troppo ottimistiche sull’andamento economico e quindi sul gettito fiscale;
- spese che eccedono le previsioni, e quindi di fatto eludono il disposto ex art. 81 della Costituzione, che impone la copertura degli oneri tramite o nuove entrate o l’utilizzo di fondi speciali accantonati nella legge finanziaria. (L’elusione è poi sistematica per spese che si estendono su archi di tempo superiori ai 3 anni);
- i fattori macroeconomici interni o internazionali (tasso di inflazione, costo del denaro, rapporti di cambio, costo delle materie prime).
Tutte le spese sono originate da leggi, che normalmente determinano uscite che gravano per cassa su più esercizi. La legge di bilancio proietta all’anno successivo gli impegni di spesa già assunti (da legislazione vigente) e quelli previsti dalla legge finanziaria, la quale, approvata a fine anno, determina le quote delle spese pluriennali o a carattere permanente la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria. Agli impegni da legislazione vigente si sommano quelli derivanti dall’attività legislativa in corso d’anno (da nuova legislatura). Negli ultimi anni il Parlamento ha approvato poco più di 100 leggi di tipo oneroso l’anno.
La più gran parte delle spese sono di tipo corrente (per personale, acquisti beni e servizi, trasferimenti e, soprattutto, per interessi): nel ’92 con 590.000 miliardi sono state pari all’H% del totale della spesa. Esse sono rigide, nel senso che non possono essere eliminate in tempi brevi; tuttavia subiscono variazioni o per quantità (per es.: aumenta il numero dei dipendenti dello Stato) o per costi (aumentano i loro stipendi). Si calcola che l’attività legislativa «nuova» originerà, nel prossimo triennio, aumento delle spese correnti per 102.000 mld, oltre alle variazioni di spesa già previste dalla legislazione vigente e la cui quantificazione dovrà essere fatta dalla legge finanziaria di ciascun anno.
Poi ci sono le spese per investimenti (opere pubbliche, trasferimenti in conto capitale, agevolazioni fiscali e contributive, interventi per calamità).
Un’azione di monitoraggio delle iniziative di spesa dovrebbe vertere essenzialmente sugli scostamenti, o di costo o di finalità, ed avere per oggetto:
- gli scostamenti delle singole leggi di spesa rispetto alle previsioni, in particolare per i meccanismi automatici di crescita;
- i provvedimenti disposti negli anni precedenti e le cui finalità non corrispondono più alle esigenze attuali;
- il confronto tra previsioni e consuntivi dei saldi complessivi di spesa; e ciò sulle spese originarie sia da legislazione vigente che da nuova legislazione. Più precisamente si dovrebbero monitorare:
- per le spese correnti le variazioni da quantità e da prezzo; – per le altre spese (investimenti, agevolazioni, contributi per eventi imprevisti) lo scostamento tra la previsione iniziale e quelle successive lino al consuntivo finale.
L’esercizio non è semplice: la contabilità dello Stato, fondamentalmente redatta con la preoccupazione della legittimità procedurale anzichè delle finalizzazione degli obiettivi da raggiungere, consente solo con difficoltà valutazioni comparative tra varie proposte di spesa, o di confrontare preventivi e consuntivi. Le leggi non sono predisposte per una simile analisi. (Ad esempio un’iniziativa di rimboschimento comporta un investimento iniziale, ma, se dà luogo all’assunzione di personale, diventa poi una spesa corrente con una propria dinamica nel tempo).
Eppure i dati sono tutti disponibili e pubblici: documenti delle Amministrazioni competenti, relazioni che accompagnano le leggi di spesa, referti predisposti dalla Corte dei conti, studi di tipo monografico (p.es. l’analisi della spesa sanitaria) ecc. In Parlamento i servizi Bilancio dello Stato di recente istituzione cercano di verificare il costo dichiarato di ogni provvedimento legislativo sia all’atto della sua presentazione in Parlamento, sia a valle degli emendamenti eventualmente approvati, prima della firma da parte del Capo dello Stato. In generale i dati devono essere disaggregati e riaggregati per poterli interpretare, accettando un certo grado di approssimazione, e per poter costruire una definizione funzionale delle spese in un quadro coordinato, aggiornato con continuità; la base cioè di una contabilità analitica che consenta anche una valutazione delle spese a consuntivo.
Un compito di questo genere potrebbe essere eseguito da un gruppo di analisti (3-5 senior e 10-15 junior con un costo che potrebbe essere contenuto in ca. 1,5-2 mld l’anno, riducibile attingendo a ricercatori universitari), che lavori stabilendo rapporti di strettissima collaborazione e reciproca fiducia con gli organi e gli uffici dell’esecutivo e del Parlamento per l’acquisizione dei dati e dei documenti necessari.
Il gruppo dovrebbe essere guidato da alcuni garanti, di indiscusso prestigio professionale, e avere il carattere di fondazione privata, indipendente da governo, Parlamento, forze politiche ed organizzazioni di categoria. Dovrebbe ricevere il proprio finanziamento (modesto rispetto alle cifre di cui si sente parlare di questi tempi) da partiti, istituzioni finanziarie, stampa specializzata, istituti di ricerca.
Quanto alla diffusione, basterebbe un bollettino trimestrale, e un consuntivo annuale, magari con le «considerazioni finali» dei garanti. I dati potrebbero anche essere immessi, a costo trascurabile, nel servizio Videotel che già informa sull’attività del Parlamento. Ma sono proprio i finanziatori che avrebbero interesse a diffondere i dati, insieme alla propria valutazione politica.
Uno strumento che consentì; ai cittadini di eseguire passe passo i meccanismi di formazione della spesa, individuando le responsabilità personali dei rappresentanti, e non annegandole nell’anonimato della discipline di partito, consentirebbe:
- un rapporto più diretto tre elettore ed eletto, uno degli obbiettivi della nuova legge elettorale; la possibilità di controllo da parte dei rappresentanti aumenterebbe molto il senso di responsabilità dei rappresentati; – un’interpretazione politica da parte delle forze politiche e sociali del significato globale della manovra economica; fatta sulla base di dati oggettivi.
Congiuntura internazionale ed errori nazionali promettono una non breve serie di anni di sacrifici: è necessario percepire in modo chiaro la relazione tra il costo che viene imposto ad ogni cittadino e le azioni dei poteri pubblici, valutare il valore aggiunto delle singole spese ai fini del risanamento e del rilancio dell’economia.
Sempre più, nei Paesi sviluppati, il governo è governo dell’economia, e la riforma istituzionale, di cui quella elettorale è una prima parte, richiederà di essere completata da una riforma del meccanismo di spesa. Questa riforma non fa ancora parte dell’agenda politica: ma riceverebbe, da un’iniziativa di questo genere, esperienze e stimoli ad accelerarne l’attuazione.

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