Conflitto d’interesse: soluzioni equilibrate, non antimprenditoriali

aprile 19, 1995


Pubblicato In: Giornali, La Stampa


I problemi di incompatibilità e di conflitto di interesse tra il Berlusconi padrone delle Tv e uomo di governo sono noti: sulla Stampa, Sergio Romano. Gianni Vattimo, Gustavo Zagrebelsky li hanno ripetutamente illustrati. Una proposta di legge per regolare la materia è ora in discussione al Senato: ma, per gli ostacoli giuridici e rischi politici, finisce per sollevare più problemi di quelli che vorrebbe risolvere.

Prima difficoltà: stabilire che chi ha reti Tv non può fare il ministro. sarebbe stato facile all’epoca della Mammì: oggi apparirebbe un provvedimento ad personam, quindi controducente, quindi politicamente improponibile. Di conseguenza la proposta estende l’incompatibilità a chiunque controlli imprese «in grado di influenzare in modo determinante l’andamento del mercato» in una serie di settori strategici: banche, assicurazioni, telecomunicazioni, informazione, automobile, costruzioni, pubblicità. Allargando il campo aumentano i problemi: il controllo non è sempre chiaramente individuabile; la capacità dell’impresa di influenzare un mercato è concetto più ampio di quello di posizione dominante, essa pure non sempre facilmente accertabile (per l’Ibm la causa è durata dieci anni). In molti di questi settori non ci sono posizioni dominanti (banche, informatica, costruzioni, forse assicurazioni), o ci saranno società a controllo diffuso (telecomunicazioni, energia). Resta quindi solo la pubblicità (cioè di nuovo Berlusconi) e l’automobile.
Seconda difficoltà: se incompatibilità significasse non eleggibilità, si andrebbe contro la Costituzione, che all’art. 51 garantisce il diritto di tutti i cittadini di accedere alle cariche elettive. Quindi questa legge non limita il diritto, ma lo consente a certe condizioni.
Mettere il proprio patrimonio in blind trust è facile se questo è costituito da titoli negoziabili. Ma in Italia molte società non sono quotate (dalla Fininvest alle tante aziende familiari di cui siamo ricchi). La legge esige di quotare in tutta fretta. Ora la quotazione è un’operazione complessa da predisporre, è inapplicabile sotto una certa dimensione. Perché una società sia quotata bisogna che qualcuno compri le azioni: chi? quante? a che prezzo, perché la quotazione coatta non diventi un esproprio?
Terzo problema: nel caso poi che si tratti del pacchetto di controllo di una delle aziende strategiche di cui sopra, ciò che eccede il 5 per cento del capitale deve essere periziato e offerto al pubblico (se nessuno acquista viene messo in un blind trust). L’offerta in Borsa di pacchetti importanti farebbe cedere le quotazioni, danneggiando gli altri azionisti; proprio chi oggi propone questa procedura domani proba bilmente leverebbe alte grida se il controllo di un’ azienda strategica dovesse passare per questa via in mano stranieri.
Così, partiti dall’incompatibilità fra proprietà delle TV e incarichi di governo, ci si trova invischiati in problemi enormemente più grossi, a ingabbiare in rigide procedure la sofisticata complessità dei moderni mercati finanziari. Per evitare un provvedimento ad personam si è dovuto generalizzare: ma così non si evita un generico atteggiamento antimprenditoriale, con venature giacobine. Dall’esigenza di sottrarre il potere politico al controllo del potere economico si rischia di scivolare in valutazioni pregiudizialmente negative verso il potere economico. Per non mostrare che si vuol ‘punire’ il solo Berlusconi, si generalizza, e si finisce per lasciar spazio ad atteggiamenti punitivi verso gli imprenditori.
La sinistra ha dimostrato di avere attenzione anche agli interessi delle forze economiche di un paese industriale come il nostro, e desiderio di conquistarsi la fiducia dei tanti suoi protagonisti.
Chi come il sottoscritto non ha nessun interesse personale da proteggere, non rientrando in nessuna della fattispecie previste da questa proposta, chi fu tra i primi a sostenere che l’unica soluzione per l’incompatibilità è la vendita delle Tv, non può non indicare con preoccupazione il pericolo di veder riesumati per questa via massimalismi e pregiudizi di un passato che la sinistra ha sepolto.
Piuttosto che sparare nel mucchio, la soluzione dovrà partire dal cuore del problema, un nuovo assetto del sistema Tv, quale quello che ad esempio emerge dalla proposte Confalonieri-Veltroni.

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