Che cosa ci dice l’accordo alla Fiat (nonostante la nuova cultura di scontro)?

marzo 30, 2001


Pubblicato In: Varie


I sindacati dichiarano la propria soddisfazione per l’accordo, l’impegno ad assumere 300 giovani suona conferma che anche dopo l’accordo con General Motors il cuore dell’azienda resterà a Torino

Si è chiusa positivamente la vertenza degli oltre 700 esuberi in Fiat.
I sindacati dichiarano la propria soddisfazione per l’accordo, l’impegno ad assumere 300 giovani suona conferma che anche dopo l’accordo con General Motors il cuore dell’azienda resterà a Torino. Giunta dopo gli indurimenti e gli incidenti che si erano verificati durante lo sciopero per il mancato rinnovo dei contratti a tempo determinato, il fatto che questa vicenda si sia chiusa in modo soddisfacente dovrebbe essere di buon auspicio per le questioni “pesanti” che restano aperte, dell’integrativo FIAT e del rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, sulle quali le divergenze tra le parti sono invece su questioni di principio, in particolare sul doppio livello di contrattazione.

Arrivata in mezzo al clamore di questa surriscaldata campagna elettorale, la notizia fa uno strano effetto, e serve a ricordarci che, aldilà delle polemiche e della virtualità di slogan e di manifesti, c’è la realtà dei rapporti concreti. E questo induce a porsi il problema di che cosa succederà, in tema di rapporti tra le parti sociali, dopo il 13 Maggio.

La prima considerazione è di metodo, e riguarda la necessità di mantenere la separazione tra la politica e l’autonomia delle parti sociali: di per sé una considerazione che vale sia nel caso che vinca la sinistra sia la destra. Ma il rischio riguarda assai più la destra, che potrebbe essere indotta a pensare che i rapporti sindacali si risolvano facendo la conta dei seggi in Parlamento. Non è mai stato così, giustamente, e non lo sarà in ogni caso neppure dopo il 13 maggio. La grande impresa questo lo sa bene, invece, e la Fiat in particolare, anche nelle fasi più travagliate di vertenze difficili come vent’anni fa, ha sempre preferito l’asprezza del confronto al delegare ad altri la sua soluzione.

C’è poi una seconda considerazione da svolgere, che è invece interna all’orizzonte dei problemi aperti. I contratti da rinnovare attualmente riguardano circa sei milioni di lavoratori, dunque il peso che le relazioni sindacali avranno nel Paese dopo il 13 maggio sarà molto significativo. E nessuno può sottovalutare, non solo in un’ottica torinese, ma nazionale, l’importanza del sovrapporsi dell’integrativo Fiat col nazionale dei meccanici. Da sempre si tratta di vertenze “simbolo”, e lo restano inevitabilmente pure in un’Italia finalmente più dei servizi e della e-economy. La sovrapposizione dei due problemi renderà probabilmente ancora più critica la forbice attualmente aperta tra Fiat e sindacati, e segnatamente la Cgil, in materia per esempio di livelli di contrattazione in materia salariale, recupero dell’inflazione e salario di produttività. Ma proprio questa sovrapposizione potrebbe anche tradursi in un’opportunità anche per la politica: difficoltà e tensioni nelle trattative potrebbero e dovrebbero far preferire, al posto di un braccio di ferro tra impresa e Cgil che sa di altri tempi, la necessità di nuove e originali innovazioni contrattuali. Lo spazio politico per queste proposte è e resta quello proprio della sinistra di Governo. Nessuna delle proposte avanzate nel programma del Polo è utile e opportuna in tal senso. Per dirne una: i “contratti di flessibilità” per i nuovi assunti non spostano di una virgola i problemi aperti in tutto il mondo dei lavoratori dipendenti attuali.

Infine, una terza osservazione, questa volta interna all’orizzonte della sinistra. Dopo il 13 maggio e qualunque sia il suo risultato, la mia opinione è che è venuto il tempo perché Ds e da una parte e Cgil dall’altra, senza confondere ruoli, ma anche guardando diritti alla realtà dei problemi, sappiano trovare un’iniziativa e un’occasione comune per riflettere insieme sul nuovo da introdurre in Italia. Evitando che la forbice aperta oggi tra imprese e sindacato, e tra confederazione e confederazione, finisca per divenire anche una forbice tra sinistra e sindacato.

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