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→  marzo 26, 2015


Davvero la scelta di China National Chemical Corporation (Cncc) “era la migliore per la Pirelli”? Marco Tronchetti Provera, sul Corriere della Sera di martedì, non mostrava dubbi. Noi proviamo a rispondere seguendo un percorso diverso, isolando i suoi argomenti: importanti ma in qualche modo accessori.

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→  febbraio 28, 2015


“C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico”: a qualcuno, “antico” anche lui, l’Opa su RaiWay ha fatto tornare alla memoria il verso pascoliano della propria infanzia. L’antico è l’evocare il conflitto di interesse, il giaguaro, tutto l’armamentario di una “guerra dei trent’anni” che novità tecnologiche, gusti dei consumatori, preferenze degli elettori, hanno fatto deporre e seppellire: perché il conflitto non c’è più, e quanto agli interessi, nulla di meglio di un’Opa per regolarli. O almeno così si è pensato.

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→  febbraio 24, 2015


di Marco Valerio Lo Prete

Ma nell’euro si può ancora fare politica di gauche? Parlano Salvati, Fassina, Debenedetti e Goulard.

In ciascun paese democratico votiamo per eleggere un governo che poi persegue una politica economica in linea con quanto annunciato in campagna elettorale. Il ragionamento è semplice e lineare, ma sempre meno realistico all’interno dell’Eurozona. Grecia docet. Il primo ministro ellenico Alexis Tsipras, a fronte di un solido mandato popolare, in queste ore ha dovuto inviare all’Eurogruppo una lista di riforme compatibili con la continuazione per i prossimi quattro mesi del programma europeo di assistenza finanziaria. Nella lista delle riforme di Atene ci sarebbero lotta all’evasione fiscale e imposta patrimoniale, ma le assenze in quella lista sono perfino più significative. Niente taglio del debito pubblico (come pure era stato annunciato in campagna elettorale), nessun passo indietro significativo sulla liberalizzazione del mercato del lavoro (idem come sopra), niente blocco totale delle privatizzazioni in corso (idem). Dunque questa volta i partner europei non si sono accontentati di vedere rispettati i saldi di finanza pubblica, hanno inciso più a fondo. Ergo: non basta più che il cittadino voti un programma di sinistra radicale – comunque lo si giudichi –, che gli assicuri consensi maggioritari, per poi vedere attuato quello stesso programma.

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→  febbraio 20, 2015


La Merkel non può concedere aiuti senza riforme in cambio, da sempre. E così Tsipras potrà indicare il “colpevole” di Grexit

Gli aiuti ai Paesi in difficoltà vengono dati solo se condizionati all’accettazione di un programma di riforme: questo è il principio che Schäeuble continuerà ad affermare oggi a Bruxelles e sul quale sembra avere portato l’intero Consiglio d’Europa. Già l’ha detto ieri il suo portavoce: la lettera di Atene non presenta alcuna proposta di soluzione sostanziale. Sembra difficile che il Ministro delle finanze tedesco possa cedere, perché al principio di condizionalità la Merkel ha ancorato tutte le concessioni che via via ha fatto, sull’EFSM, sull’ESM, sull’OMT. Dopo il convegno di Bruxelles del 29 Giugno 2011, si era precipitata in sala stampa per confermare che l’intervento antispread con i fondi EFSN ed ESM era sotto condizionalità, e non automatico, come Monti, rischiando l’incidente diplomatico, aveva lasciato intendere. Non c’è solo Syriza e le sue spericolate promesse per vincere le elezioni. C’è anche la Merkel che, oltre all’incognita Karlsruhe e alla spina nel fianco AfD, deve fare i conti con un’opinione pubblica tedesca in questa circostanza unita come raramente.

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→  febbraio 13, 2015


Comunque vada a finire con la Grecia, l’Eurozona non sarà più la stessa, dice Ambrose Evans-Pritchard del Daily Telegraph. Nel senso che l’euro sarà più forte o più debole? Più debole lo sarà certamente se la Grecia resta nell’euro. Non per il costo del bail out, ma per la credibilità dei trattati: essi sono l’essenza stessa dell’Unione. Come si fa a tenere dentro un paese che prima è entrato falsificando i conti, ora fa di tutto per dimostrare di non riconoscere gli impegni e neppure di conoscere le regole di convivenza nel gruppo? I leader di Syriza hanno incominciato il loro giro in Europa da Londra, che non fa parte dell’Eurozona, quasi a significare che i loro interlocutori sono i mercati e non le burocrazie di Bruxelles o di Francoforte. Hanno proseguito a mettere dita negli occhi chiedendo a Berlino di pagare i debiti di guerra e a Francoforte di distribuire gli utili sul trading dei bond, non secondo il capital key nella Bce, ma secondo la nazionalità di origine. Il ministro delle Finanze ellenico Varoufakis sarebbe esperto di teoria dei giochi, ma sembra usare la sua scienza per perdere, cerca di mettere cunei tra persone o paesi che non hanno nessun interesse a dividersi: il sud Europa contro la Germania, Juncker contro la Merkel, gli Stati Uniti contro l’Europa, i diritti della democrazia contro i doveri derivanti dalle cessioni di sovranità. Qualcuno ha paragonato Varoufakis a chi si punta la pistola alla tempia e chiede gli si paghi un riscatto per non premere il grilletto. Un giorno o l’altro Tsipras dovrà fare i conti con le promesse fatte agli elettori: ma per ora più che convincerli ad accettare posizioni realistiche, sembra voler preparare il capro espiatorio a cui addebitare il default a cui li sta portando. Come potranno, Commissione e Consiglio europei, chiedere agli altri paesi il rispetto dei trattati e degli impegni? Perde credibilità tutta una politica di riforme strutturali, di un euro solido come base per crescita e investimenti. Il contagio è certo, l’euro diventa più debole.

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→  febbraio 10, 2015


La questione posta dalla Grecia di Alexis Tsipras è politica, non economica; politica e non economica ha da essere la soluzione. L’abbiamo scritto in tanti, ultima Lucrezia Reichlin sul Corriere della Sera di sabato: “Un accordo tra Grecia e paesi debitori deve essere basato su princìpi generali, senza i quali l’Unione non può funzionare”. Dove i princìpi generali sono politica, i saldi di bilancio economia. Questo, continua la Reichlin citando Martin Wolf, perché l’Unione monetaria non è un impero ma un insieme di democrazie. Wolf, a dire il vero, aveva scritto “unione federale” invece che “impero”, e “stati” invece di “democrazie”; e aveva concluso che questo partenariato può funzionare solo se è una comunità di valori, e che la Grecia, se vuole qualcosa di notevolmente diverso, ha il diritto di uscire, ma che allora ne esca.

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