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→  maggio 12, 2010


da Lettere al Corriere

Nella sua risposta sulla vendita allo scoperto di bond lei scrive: «Il venditore prende in prestito…», ma omette di dire quali sono le garanzie reali che deve dare al possessore dei bond, trascura la variabile tempo, nel senso che il prestito ha un limite temporale, e che c’è sempre un «premio» da pagare comunque al possessore del bond. Queste ovvietà che sto elencando hanno il solo fine di chiarire che la speculazione è fattibile solo da società o soggetti che abbiano ingenti disponibilità finanziarie.

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→  marzo 19, 2010

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Caro Direttore,

“Garantire la promozione della concorrenza e dell’efficienza nei settori di pubblica utilità” ci sembrava che fosse già un compito sufficientemente impegnativo per le Autorità di regolazione: quello che è certo è che nessuno, nelle lunghe e combattute sedute di Commissione in cui si varò la legge che le istituisce, ebbe l’ambizione di creare “anticorpi alla società moderna” , o di proteggere da “avidità di speculatori” o da “intrusioni della politica”, come scrive Sergio Rizzo nel suo editoriale di mercoledì.

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→  febbraio 21, 2010

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Spa a capitale pubblico

Caro Romano, una spa a totale capitale pubblico, come la Rai o l’Eni sarebbe dovuta diventare la Protezione civile, si legge sul Corriere della Sera del 16 febbraio. Con questo ossimoro mi viene data una soddisfazione postuma: infatti, proprio in relazione alla vendita di una tranche di azioni Eni (o forse era Enel?) decantata come «privatizzazione» su cartelloni e giornali, feci un esposto all’Antitrust per pubblicità ingannevole. L’esposto non fu accolto e non migliore fortuna ebbe il disegno di legge che depositai nel 2003.

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→  dicembre 22, 2009

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L’articolo di Dario Di Vico sul Corriere di domenica “Sotto i ferri del private equity: più macerie che vero sviluppo” ha dato luogo a risposte di tenore diverso, come si può leggere sulle pagine del quotidiano.

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→  novembre 5, 2009

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L’acqua è un bene pubblico, non ci piove. Dacia Maraini, che se ne preoccupa nella sua rubrica di martedì, può stare tranquilla. Che però a un certo punto diventa privato. Perde la sua natura pubblica quando fa girare le turbine (private) che producono elettricità? Quando irriga campi privati? E quella del rubinetto, lo diventa quando riempie il bicchiere? Come gli altri beni della terra, l’acqua è un bene pubblico, e il suo essere pubblico si realizza quando le usa il pubblico vero, l’“utilizzatore finale”. Quello che conta non è l’“in sé” del bene, ma il modo con cui viene usato. Bisogna distinguere il bene dal servizio.

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→  agosto 15, 2009

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Non è necessario che sia un’azienda pubblica a «fornire» una televisione che riguarda tutti i cittadini

Caro Direttore,

“La nozione di Servizio pubblico (SP)” implica “l’idea della tv come bene comune di importanza nazionale, al pari della luce, del gas, dei trasporti”, scrive Aldo Grasso (La Rai ha fatto una scelta di campo, Corriere della Sera del 10 Agosto). Proprio gli esempi che cita dimostrano che non è affatto necessario che un SP, quale certamente è la televisione, sia fornito da un’azienda pubblica, anzi che questa è, in generale, un’eccezione: l’energia elettrica è privatizzata e in concorrenza; nei trasporti, quelli su gomma, che ne costituiscono la parte più rilevante, sono la quintessenza del privato; largamente privati sono i trasporti aerei; e se il gas lo è in misura insoddisfacente, è per ragioni che con il SP hanno ben poco a vedere.

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