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Banca d’Italia, per il futuro la svolta europea

Pubblicato il 03/08/2004 @ 14:55 in Giornali,La Stampa

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Con l’acquisto di Abbey National da parte del Banco Santander, é iniziato in Europa il processo di consolidamento del sistema bancario, anche con aggregazioni oltre frontiera.

Con l’acquisto di Abbey National da parte del Banco Santander, é iniziato in Europa il processo di consolidamento del sistema bancario, anche con aggregazioni oltre frontiera. Le nostre banche, con dimensioni e redditività inferiori alle migliori banche estere, rischiano di essere confinate in un ruolo marginale o destinate a una condizione subalterna.

Dopo il salvataggio degli istituti meridionali, e dopo una prima era di aggregazioni tra importanti istituti del Nord, attualmente il sistema del credito italiano si trova in una impasse. L’apertura al capitale straniero di rilevanti istituti, sin qui consentita dalla Banca d’Italia, sotto Antonio Fazio, si è ispirata alla logica di impedire i cambi di bandiera dei loro centri direzionali. Un criterio forse comprensibile, anche se largamente opinabile, finche esso intendeva assicurare che il consolidamento italiano portasse alla nascita di player nayionali, poi capaci della competizione europea, alla luce del fatto che la maggior parte degli altri Paesi dell’Unione si attiene a criteri rigorosamente nazionalistici. Senonché, oggi, è proprio la presenza di istituti esteri in banche come Capitalia, Intesa, BNL, Antonveneto, SanPaolo, a complicare e ostacolare l’ulteriore procedere delle diverse ipotesi di aggregazione che da due anni sono allo studio delle banche italiane. Il no allo straniero e’ diventato un freno alla crescita.

Come rileva l’ultimo rapporto di R&S, le nostre imprese industriali – soprattutto le private – presentano un grado di indebitamento, rapportato al patrimonio netto tangibile, particolarmente alto rispetto agli standard europei. Eccezionalmente alto per molte delle nostre maggiori imprese. Questa situazione richiede che le nostre banche – che continuano ad avere sofferenze più alte rispetto al patrimonio, e un loro abbattimento in bilancio di durata temporale sino a tre volte superiore a quello delle concorrenti estere – abbiano dimensioni per poter ripartire il rischio, capacità per poter selezionare il merito di credito, competenze per poter accompagnare le strategie delle imprese, in misura assai maggiore di quelle di cui attualmente dispongono e di cui hanno finora dato prova.

In Italia si sono verificati scandali finanziari inauditi, per dimensioni e per modalità. Sbollite le indignazioni, i provvedimenti legislativi si sono arenati in Parlamento. Proprio e soprattutto per l’irrisolta questione della vigilanza bancaria, che spacca e divide le due coalizioni e quasi ogni singolo partito. Doveva essere l’occasione per disegnare un sistema di regole e di controllo che rendesse il nostro Paese interessante e sicuro per il risparmio internazionale. E’ invece diventato, per l’incapacità di provvedervi, un doppio scandalo internazionale.

I tre problemi sono connessi: tutti toccano il sistema bancario, la sua governance, la necessità di aumentare il grado di concorrenza e il grado di competitività del sistema. Ad essi e’ dunque necessario dare una soluzione sistemica.
Non servono soluzioni omeopatiche: occorre una svolta alla guida della Banca d’Italia. La scelta di un Governatore che autonomamente incarni una visione più dinamica delle aggregazioni bancarie tanto nella componente italiana quanto in quella internazionale. Antonio Fazio ha straordinari meriti: ha salvato la lira tra il ‘92 e il ‘95, ha contenuto i costi dei salvataggi; ma il concreto operare dei suoi poteri di vigilanza antitrust, ha finito per rappresentare, oltre ogni suo volere, per la concreta realtà degli interessi in gioco, un fattore di elisione delle innovazioni oggi necessarie.

Dopo che il nostro Governo si è privato della possibilità di utilizzare le sue capacità come Ministro dell’Economia, e ha privato il Paese di quella di avvantaggiarsi del suo prestigio come nostro commissario alla Commissione Europea, c’è ora la possibilità di usare competenza e prestigio di Mario Monti per affrontare in un sol colpo le sfide che il nostro sistema creditizio ha di fronte. Negli anni, dopo il salvataggio degli istituti meridionali e dopo una prima era di aggregazioni tra importanti istituti del Nord, Monti è tornato più volte a ribadire quanto urgente sia ora il governo di una nuova fase del consolidamento nel settore del credito italiano. Quanto sia elevato il costo – per le banche e per le imprese – di continuare a frenare da noi ciò che in altri paesi europei ha creato gruppi maggiori e capaci di guidare ora espansioni oltrefrontiera. E come in tale azione occorra poter contare su una forte credibilità nei confronti degli altri banchieri centrali e governi, per puntare a logiche di reciprocità.
Mario Monti ha queste qualità. Gode di una vasta considerazione bipartisan. E’ il garante ideale di una salda autonomia dell’istituto centrale proprio quando servono regole nuove e si apre una nuova sfida industriale. Sul suo nome, un governo e un’opposizione capaci di pensare all’interesse nazionale possono oggi realizzare una convergenza alta e istituzionale. Mario Monti sia dunque Governatore della Banca d’Italia.

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