Anatomia di un accordo

aprile 18, 2010



dalla Domenica del Sole 24 Ore

Scelte strategiche

«Parola di Marchionne» di Riccardo Ruggeri analizza le criticità dell’intesa con Chrysler e considera l’emotività delle funzioni aziendali.

Chi trova i libri sui – per non parlare di quelli dei – protagonisti industriali o pettegoli o noiosi, non si lasci ingannare dal titolo: “Parola di Marchionne”, di Riccardo Ruggeri, prefazione di Massimo Mucchetti, non è un libro su un capitano d’azienda, ma la storia di un investimento.
Entrato in Fiat come operaio e uscitone dopo 40 anni membro del comitato direttivo di Fiat Holding, per aver risanato e rilanciato New Holland, azienda leader nelle macchine movimento terra e trattori, Ruggeri vive ora una seconda vita da imprenditore di successo nella moda e nelle assicurazioni. Il 31 Marzo 2009, vede Barack Obama benedire l’accordo Fiat Chrysler dal giardino delle rose alla Casa Bianca, considera che per la prima volta ci sono titoli che hanno come collateral non la parola, ma la faccia del Presidente degli Stati Uniti: e compera azioni Fiat e Exor. Per ogni investitore, il problema nasce il giorno dopo: quando uscire? Ruggeri si mette quindi ad analizzare le criticità del progetto Marchionne.

Se i propulsori sono abbastanza “verdi”; se la struttura di comando a matrice riuscirà a funzionare sul bipolo Detroit Torino; se riuscirà a riempire i vuoti di importanti defezioni; se raggiungerà, anche senza Opel, il magico numero di 6 milioni di vetture e, quando si sarà realizzata la pluridecennale profezia e saranno rimasti solo sei produttori mondiali, sarà lui il sesto. Temi su cui gli analisti hanno dilagato. Ma Ruggeri è uno che conosce la “macchina” Fiat dall’interno, fatti, persone, meccanismi di funzionamento. C’è una parola, inconsueta per gli analisti, e che Ruggeri usa ripetutamente: emozioni, emotività. “Studiare l’emotività delle funzioni aziendali e degli uomini che le dirigono è molto stimolante”, scrive: è stata una delle chiavi del suo successo in Fiat, potrebbe essere la chiave per capire il futuro del suo “investimento”.
Di emotività è intessuta la storia dell’auto: la libertà di muoversi, di farlo con una cosa propria (a ben vedere il primo “personal”). Emotività animava i mitici Henry Ford, Lee Iacocca, Enzo Ferrari, il primo e anche il secondo senatore Agnelli. Emotività suscita vedere il succedersi di epigoni e diadochi. Con emotività Ruggeri rivendica l’essere figlio e nipote di dipendenti Fiat, di averla attraversata tutta in 40 anni di lavoro. “La Fiat è stata la grande passione della mia vita”. La storia di un investimento è in realtà episodio nella storia dell’investitore: “Parola di Marchionne” è un libro autobiografico.
Il libro contiene un singolarissimo capitolo, quello che ha per protagonista Tommy. Capoazienda prima della crisi, inventore della “strategia omeopatica” per suscitare, centellinando in piccole dosi le informazioni, interesse e aspettative in personaggi delle istituzioni finanziarie, dei media, della politica, percepisce il ruolo centrale che la crisi ha consegnato alla politica. Aggiorna la sua strategia, diventa facilitatore, sfrutta i bisogni reconditi dei suoi clienti con un solo obbiettivo personale: “rastrellare e moltiplicare senza ritegno i quattrini.” Dove “l’espressione chiave è senza ritegno”.
Chi è Tommy, si chiedono tutti. Meglio chiedersi perché Tommy. Perché è piazzato lì a dividere l’analisi della “fisicità” di modelli e motori, da quella degli uomini e della proprietà? Perché il titolo del capitolo “Sergio Marchionne e la famiglia Agnelli?” ha quel punto interrogativo? E poi: si fa in fretta a dire “rastrellare senza ritegno i quattrini”: noi alla fine degli anni ’80 avevamo un sistema mica male, ma ci avevamo messo trent’anni. Si fa in fretta a dire Madoff, ma ci sono ragioni oggettive se Giuffrè, il banchiere di Dio, rimane una figurina del nostro dopoguerra. Anche a me lo spariglio di Marchionne era sembrato un esempio degli “affari ai tempi degli aiuti” (Il Sole 24 Ore 30 Gennaio 2009): ma altro che “senza ritegno”, sarà già dura portare a casa qualcosa. E’ una riflessione aggiornata di “Strong Managers Weak Owners”, dove al di sopra di tutti e due si siede il facilitatore, membro una cupola professionale e culturale che protegge e ricicla, per dirci che Marchionne potrebbe diventare domani un Tommy?
Tommy è la metafora esemplare di un mondo che, secondo Ruggeri, ha perso i suoi riferimenti, nel modo di selezionare e remunerare i manager, nell’aver consentito alla finanza speculativa di mangiarsi l’economia reale. Io non sono così estremista: constato che mentre sono ormai abbastanza chiari i comportamenti dei regolatori, le dinamiche macroeconomiche, gli azzardi morali che hanno provocato la crisi, ci si interroga ancora sul come evitarla per il futuro senza bloccare la crescita. Il che non vuol dire che se guardiamo casa nostra, ai balletti delle nomine, agli interessi incrociati, al ritorno “senza ritegno” della politica nelle banche e negli affari, la metafora di Tommy non ci offra più di uno spunto di riflessione.
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P.S. In un anno il titolo Fiat si è apprezzato del 83%, Exor del 69, contro il 44% del FTSE MIB e il 37% dello Stoxx 600 auto&partes. Anche le obbligazioni hanno battuto l’indice.
Con put e call sarebbe stato possibile proteggersi da cali generalizzati del listino e finanziare quasi totalmente l’operazione: ma queste cose le lasciamo fare a Tommy.

“Parola di Marchionne”

di Riccardo Ruggeri
Brioschi, Milano, pagg 170

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