Amaro espellere, eppure…

novembre 30, 1995


Pubblicato In: Varie


Picchiato dal lavavetri al se­maforo: non aveva mille lire in tasca.
Una storia come tante, due colonne in cronaca, presto dimenticata; neppure del­le più gravi, e mi scuserà il sig. Calarco che a mo­menti aveva il setto nasa­le fratturato.

L’immigrazione clandesti­na presenta fenomeni macroscopici: le bidonvilles di Villa Literno, la prostituzione su scala industriale delle perife­rie urbane, la capillare organizzazione dello spaccio di droga. Ma è con queste storie di quotidiana violenza che la convivenza con la criminalità degli extracomunitari diventa un problema che inte­ressa tutti, suscita reazioni collettive che si ingigantiscono. E mo­difica anche orientamenti e opinioni che erano ferme e radicate fin­ché il problema non lo si è toccato con mano. Il sig. Calarco, mec­canico alla Amiat, 53 anni, potrebbe anche essere un elettore pro­gressista: che cosa ne pensa oggi del solidarismo che pure in pas­sato potrebbe aver condiviso? La soluzione più logica – definiamo le quote di immigrazione in base alle necessità e alle possibilità di inserimento – è teoria pura: non ci riescono gli Usa, con radar ed elicotteri, a controllare la fron­tiera con il Messico, figurarci noi, con le migliaia di chilometri di coste e gli striminziti bilanci delle forze armate. Oltretutto signifi­cherebbe chiudere glí occhi sul fatto che in molti casi gli extraco­munitari sono una risposta – illegale e distorta fin che si vuole – a problemi di mercato. Non penseremo certo che gli immigrati im­piegati nella raccolta del pomodoro vengano alla spicciolata di lo­ro iniziativa! Stesso discorso per le prostitute nigeriane, che una sapiente logistica distribuisce e sposta da una `piazza’ all’altra. Se si vendono siga­rette di contrabbando agli angoli del­le strade, non è perché ci sono i marocchini, ma perché c’è il monopolio. Se nessuno comperasse la chincaglieria che ingombra i portici di piazza Castello (o se nessuno si facesse lavare il vetro) non ci sarebbero né ambulanti né lavavetri. Il mer­cato crea anche delle sue nicchie infime, e ci sono sempre dei derelitti pronti e riem­pirle.

Ma non credo il signor Calarco trovereb­bero molto interessanti queste divagazio­ni: forse anche gli ripugnano, spero, le so­luzioni grottesche proposte da leghisti, di prendere le impronte dei piedi. o quelle inquietanti di sparare con pallottole di gomma. E bene ha fatto Castellani a esprimere subito il suo fermo dissenso. Ma per quanto ancora il signor Calarco non cambierà idea?

Io ammiro e condivido la sensibilità, il rispetto per la cultura giu­ridica che è parte della nostra cultura, quella in nome della quale Luigi Manconi respinge anche l’idea di espellere subito gli immi­grati sorpresi in flagranza di delitto. Ma se la soluzione militare è impossibile, se l’economia di mercato serve a spiegare ma non a risolvere, qualche risposta bisognerà pur darla: una risposta non risolutiva, non completa, ma comunque qualcosa. Si tratta di ren­dere questo paese un po’ più scomodo, un po’ meno tranquillo, un po’ meno garantista per chi delinque. Cominciando da questa città. Si tratta di riconoscere che la parte della legge Martelli che rico­nosce il diritto di ricorrere al Tar contro il decreto di espulsione ha prodotto gravi danni.

Devo confessare che scrivo queste parole con qualche esitazione: ma la solidarietà comporta anche lo scontro tra diritti contrastan­ti. Anche quello di non essere picchiati perché non si danno le mil­le lire è un diritto. Anche perché non siamo in grado di garantire che le voci estremiste, per ora isolate, non diventino maggioranza. In quel caso, le soluzioni che verrebbero adotta­te sarebbero una ferita a un nostro an­cor più fondamentale diritto: quello di restare persone civili.

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