Altro che i taxi di Bersani, le vere liberalizzazioni sono un’altra cosa

febbraio 1, 2007


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair

vanityfair_logo_red
da Peccati Capitali

Si dice liberalizzazioni e si pensa ai taxi. Quanto poco basta per illudere la gente! E quanto poco per scatenare violente proteste! L’opinione corrente è che alla fine Bersani l’abbia vinta, e forse il disagio per gli utenti diminuirà un poco: ma per favore non diciamo che si è liberalizzato. Anzi, dato che è solo aumentato il numero delle licenze concesse dai comuni, in realtà è aumentata l’estensione dell’attività sottoposta a regime regolatorio.

Liberalizzare voleva dire consentire la formazione di società di capitale che possiedono le licenze: al posto degli autisti romani e milanesi, avrebbero assunto immigrati che costano meno, e sono flessibili nell’adattare il servizio alla presumibile richiesta. Come dimostrano quelli che, cade una goccia di pioggia, spuntano fuori ad offrirti ombrelli a 5€: e non è che in Bangladesh si impartiscano lezioni di meteorologia alle elementari.
Il meccanismo è sempre lo stesso: lo si può dimostrare svariando dall’elettricità alle università, dal gas alla grande distribuzione, dalla class action all’OPA. La regola generale è che si deve agire non (solo) sul fenomeno appariscente, ma sulle cause: e accettare le conseguenze. Non solo un maggior numero dei taxi, ma libertà di impresa (società di macchine di piazza), flessibilità in uscita nel mercato del lavoro, regole diverse per l’immigrazione.
Le liberalizzazioni producono una redistribuzione del reddito, perché funzionino, qualcuno ci deve perdere. Eliminando il costo delle inefficienze, si possono avere prezzi più bassi per tutti: e qualcuno si fa ricco. Se non si accetta questa realtà, si fanno ri- regolamentazioni. Magari vantaggiose, ma sono un’altra cosa.
Perché le liberalizzazioni funzionino da noi come nei Paesi che le hanno fatte seriamente, bisogna accettarne le conseguenze economiche: vincendo le resistenze degli interessi organizzati e delle loro rappresentanze politiche. C’è chi propone la scorciatoia di isolare le forze politiche antagoniste radicali, abbandonando lo schema bipolare che le rende indispensabili per costituire maggioranze. Non più dunque Governi intorno a un leader scelto dagli elettori, ma ritorno a Governi formati da Parlamenti eletti col vecchio sistema proporzionale. Chi lo sostiene cade in contraddizione: non è credibile quando chiede ai cittadini di accettare principi che rifiuta per sé nella competizione politica. Sono laiche e cattoliche le forze politiche che usano il miraggio delle liberalizzazioni facili per sfuggire alle dure regole dell’alternanza: per le une come per le altre, è un peccato capitale.

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: