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Al PDS dico: è ora di far vincere il mercato

Pubblicato il 16/03/1995 @ 10:21 in Varie


Alla fine del secolo scorso, Camillo Olivetti si recava negli Stati Uniti insieme a Galileo Ferraris, di cui era assistente. La ricerca italiana nel campo elettrotecnico era allora all’avanguardia e proprio questo aveva spinto i due al lungo viaggio. Molte cose hanno imparato dagli Usa gli imprenditori dell’Italia che si andava industrializzando. Ma mentre alcuni della lezione americana recepivano soprattutto i metodi del taylorismo e del fordismo, che cosa impressiona di più il giovane Camillo Olivetti? Il fatto che in America la classe dirigente aveva una mentalità anticonservatrice, così diversa dall’abito curiale e notarile del ceto politico e dalla burocrazia italiana.

Queste cose venivano in mente discutendo ieri in Senato le tre diverse mozioni presentate proprio sull’Enel, e quindi sulle privatizzazioni e sull’offerta Mediobanca di acquitare le azioni Stet a fermo, per procedere poi alla creazione di un nocciolo duro; in particolare confrontando la mozione del Pds e quella di Forza Italia. Perché proprio il confronto è istruttivo: e non tanto nei contenuti, che nella mozione del Pds sono rigorosamente e completamente liberisti, di assoluta ortodossia di concorrenza e di mercato, e invece di quello di Forza Italia segnati da alcuni imbarazzati distinguo: quanto nel tono generale, netto nel testo predispoto dal Pds, affrettato e distratto in quello di Forza Italia, che ha tutta l’aria di un atto dovuto, un lip service che si rende a un argomento che non si può evitare.
Un confronto che fa venire in mente quello che già aveva colpito Camillo Olivetti. Un confronto che fa assumere al documento del Pds un’importanza analoga, per certi versi, a quella che ha avuto la reiezione della clausola 4 nello statuto del partito laburista, quella che indicava come obbiettivo finale la proprietà pubblica dei mezzi di produzione, reiezione voluta e ottenuta da Tony Blair in questi giorni. Una clausola che risaliva proprio agli anni in cui il socialista Camillo Olivetti faceva le osservazioni sul sistema economico americano che si sono volute ricordare. Analogamente alla scelta dei laburisti, oggi il Pds, di fronte ai problemi aperti dalle privatizzazioni, mette nero su bianco che obbiettivo dello smobilizzo della mano pubblica è quello di stabilire una coerente logica di mercato in questi settori.
Né c’è da stupirsi. Rescisso il legame ormai solo più sentimentale a formule che il presente ha svuotato di contenuto (nel caso inglese), caduti anche i muri che potevano riverberare echi interventisti e statalisti (in quello italiano), con queste scelte si torna a una logica finalmente libera da eredità ideologiche: quella che vede le sinistre impegnate nella lotta ai monopoli, e questi cercare i loro alleati soprattutto nelle destre.
Credo però che questa vicenda debba indurre nel Pds qualche ulteriore riflessione. Si deve pur riflettere sul perché a tanta correttezza nei contenuti non corrisponda un generale riconoscimento di una parte anche maggiore dell’elettorato. «Tutte le volte che siamo cambiati, ha detto Tony Blair, abbiamo detto all’opinione pubblica che eravamo cambiati, mentre ci preoccupavamo di rassicurare il partito che non eravamo cambiati affatto. Abbiamo bisogno di uno statuto che non consenta ai conservatori di equivocare le nostre posizioni».
Da noi non si tratta di statuti ma di comportamenti politici: comportamenti che rendano assolutamente evidente che a sinistra c’è una parte, preponderante, che abbraccia coerentemente concorrenza e mercato, e un’altra, minoritaria. ferma al passato. Perché sono i comportamenti che comunicano più che le affermazioni, ed è solo la coerenza di tutte le scelte politiche con gli enunciati che rende la comunicazione efficace.
A costo di toccare argomenti delicati, si può discutere se tutti i comportamenti sul tema delle pensioni, e perfino quelli sul modo in cui affrontare concretamente il problema di Berlusconi politico e oligopolista televisivo, o quello della data delle elezioni, siano coerenti e funzionali all’obbiettivo.
E non perché, come si dice, la scuola non è mai finita, ma perché il bipolarismo, e la forma di competizione politica che ciò comporta, è appena incominciato.

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