Abolite i RIS e ridateci Sherlock Holmes

dicembre 20, 2007


Pubblicato In: Giornali, Vanity Fair

vanityfair_logo_redda Peccati Capitali

A Perugia, dopo settimane, non sono riusciti ancora a scoprire chi dei quattro ha ucciso Meredith. A Garlasco, dopo mesi, si brancola nel buio. “Cognizzazione” è il neologismo creato per indicare l’intorcigliarsi di perizie e controperizie senza raggiungere la prova che elimina ogni dubbio.

Le intercettazioni telefoniche, dove quanto a numero siamo primi al mondo, servono al giudizio sommario celebrato sui giornali, più raramente alla giustizia amministrata nei tribunali. C’è una sproporzione tra il dispiego di candide tute, di luminol e di microscopi, di impronte e di genomi, di intercettazioni e trascrizioni, e risultati raggiunti: tanto vale abolire il RIS dei Carabinieri?

Il problema non sta in un difetto di capacità tecnica dei militari, ma in un eccesso di aspettative riposte nella loro tecnica: non sono loro a sbagliare nelle analisi, sbagliano quanti attendono dalle analisi la prova del delitto. Dall’esame delle tracce si arriva ad escludere che una persona sia all’origine di un’azione, si ottengono certezze negative: mai quella positiva. E questo perché, mentre c’è un unico percorso che va dall’atto criminale alla traccia lasciata, ci sono infiniti possibili percorsi inversi, dalla traccia all’azione. L’errore è pensare che da una conseguenza – la traccia- si possa risalire in modo univoco alla causa – l’atto criminale. Questo equivoco offre agli avvocati difensori e agli imputati la possibilità di indicare le inevitabili lacunosità nelle ricostruzioni dei fatti, di proporne di diverse, richiedendo nuove indagini e nuove analisi.
Gli investigatori creati dai grandi giallisti, da Monsieur Dupin a Hercule Poirot, a Sherlock Holmes, fino al più recente Maigret, al grasso Nero Wolfe, all’azzimato Ellery Queen, usavano la loro intelligenza per ricostruire la verità umana, l’antefatto che ha causato il dramma e con esso le prove per incastrare il colpevole. Alla loro fiducia illuministica nella logica deduttiva, si è sostituita oggi l’illusione di un determinismo induttivo, che dalla traccia risalga alla prova inconfutabile della colpevolezza. Questa sopravvalutazione del dato “scientifico” ha conseguenze negative sull’intero procedimento giudiziario: sull’accusa, che è indotta a non usare fino in fondo la propria capacità deduttiva; su giudici e giurati, che si attendono prove definitive in base a cui emettere le proprie sentenze.
Ci sono limiti che nessuna prova può raggiungere. Perché la mappa non è il territorio, la ricostruzione di un fatto non è il fatto, la “verità” non è la corrispondenza tra la conoscenza di una cosa e la cosa stessa. “Le verità – scrive Nietzsche – sono illusioni di cui si è dimenticato che sono tali”.

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