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«Il mio amico Vattimo, la sua casa è aperta, l’assistente non lo ha isolato»

Pubblicato il 06/12/2022 @ 16:19 in Corriere Della Sera,Giornali


“Ho la massima fiducia nella magistratura”. E proprio il caso di ripetere la formula di rito, quando si legge Simona Lorenzetti sul Corriere del 4 dicembre, riferire della richiesta del PM di condannare Caminada, l’assistente di Gianni Vattimo, a quattro anni di carcere per circonvenzione di incapace. Sono amico di Gianni da 50 anni, lo frequento regolarmente, anche se meno di quanto dovrei io e meno di quanto vorrebbe lui. Quattro anni: mi vien da chiedermi dove è stato Simone Caminada negli ultimi 4 anni. Era a cercare di aggiustare il tubo dell’acqua che inondava il bagno. Era a cercare un appartamento di affittare a Sauze d’Oulx dove sfuggire al caldo torrido di Agosto. Era a litigare (istigato da me) con il medico di base che non aveva mandato Gianni a vaccinarsi per il Covid. Era a trovare le opere di Gianni (con qualche frizione con i suoi allievi diventati accademici) per l’opera omnia che avevo spinto perchè fosse stampata dalla Nave di Teseo. Era al telefono con sua madre per convincerla a venire a dare una mano nell’interregno tra due badanti.

Non riesco a capire l’accusa di aver “isolato il professore, inducendolo a tagliare i ponti con quel gruppo di amici che fino a quel momento gli avevano garantito compagnia e sostegno”.

Gianni risponde al telefono, la sua casa, citofono permettendo, è aperta. Se volevano venirlo a trovarlo trovare bastava suonare, se volevano stare con lui da soli, bastava dirglielo. Questo prima: tutto cambia, naturalmente, con l’inconsulta decisione del “gruppo di amici” di far pervenire le loro illazioni all’autorità giudiziaria, ciò che fece staccare la slavina che avrebbe -anzi come si vede- ha – portato al professore umiliazioni, preoccupazioni, difficoltà anche materiali: le amarezze degl ultimi anni di uno dei grand filosofi italiani di fine ‘900.

Chiaro che da allora di quella “compagnia e sostegno”, fece volenieri a meno, fino al divorzio, ottenuto grazie alla sua generosità, riconosciuta anche dall’accusa.

Il tema dell’eredità è sempre presente: quella di far pervenire i suoi beni a un erede è stata una costante preoccupazioe di Gianni. Prima che morisserro entrambi tragicamente, beneficiari dovevano essere i suoi grandi amori. Giampiero Cavaglià e Sergio Mamino.. Gianni mi ha parlato più volte, come di cosa ovvia, della sua volontà di lasciare tutto a Simone.

D’altra parte, prima del divorzio, oltre alla legittima, si poteva pensare a esiti diversi; ma dopo il divorzio, chi oltre Simone può essere suo erede? Tanto generoso verso le persone, Gianni non dimostra particolari inclinazioni verso le istituzioni, non gli ho mai sentito parlare di Cottolengo.

E allora 4 anni per che cosa?

Vattimo, il filosofo e l’umiliazione

Posta e Risposta di Francesco Merlo, Corriere della Sera – 11 dicembre 2022

La lettera di Franco Debenedetti
Caro Francesco, nel processo per circonvenzione di incapace a carico di Simone, l’assistente di Vattimo, il Pm ha chiesto 4 anni. Avrebbe, sostiene, tagliato i ponti al gruppo di amici che prima gli offrivano compagnia e sostegno. I quali amici, invece di salir le scale e fare a gara a chi meglio assisteva il professore, han pensato che a provvedervi dovesse essere la magistratura, con un amministratore, appunto, di sostegno. Per Vattimo furono umiliazioni e difficoltà anche materiali; al resto, casa, badanti, medici, vaccinazioni, pensava Simone. Su tutto aleggia il tema dell’eredità. Se 4 anni vi sembran pochi.

La risposta di Francesco Merlo
Vorrei usare la tua lettera, caro Franco, per invitare i filosofi che credono nell’uomo a riflettere su questo nuovo “pulviscolo sociale” direbbe Marx, composto in Italia dagli assistenti-badanti del Terzo Mondo, ragazzi belli e forti senza diritti, neppure quello alla pietà. Simone non è stato solo l’ombra del professore, il suo bastone da passeggio, e Vattimo, vecchio ma lucido, che ha denunciato “la persecuzione: nessuno mi ha plagiato”, ha il diritto, come ha detto in tribunale, “di lasciare ciò che rimarrà a chi desidero io”. E “a Simone per tutto” è la dedica con cui si apre l’opera omnia di questo geniale filosofo, forse il solo che abbiamo, pubblicata appena lo scorso anno dalla Nave di Teseo, con una splendida introduzione di Antonio Gnoli, un libro che lo racconta molto meglio di questo processo, complicato e irrispettoso. La tua lettera, testimonianza disinteressata di un amico che mai lo ha abbandonato, dà forma alla verità di Vattimo e, in attesa del giudice, suona come una prima, autorevole sentenza.

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