«Fs, treni privati biglietti più cari»

giugno 18, 2012


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di Alessandra Puato

Prezzi dei biglietti alle stelle. E aumento dei costi per i contribuenti. È questa la conseguenza delta liberalizzazione del tra­sporto ferroviario in Gran Breta­gna e Svezia, sottolinea Ferrovie dello Stato Italiane (Fsi), dati al­la mano, in risposta all’Istituto Bruno Leoni (Ibl) che propone all’Italia di seguire quei Paesi nell’apertura del mercato dei tre­ni. Il messaggio è chiaro: volete lo scorporo della rete, il gestore dei binari diviso da quello dei va­goni? Volete spezzettare Fs in tante società e lasciare che i pri­vati offrano i treni, a gara, sulle tratte più produttive, come in Svezia, o in franchising per seg­menti territoriali, come nel Re­gno Unito? Preparatevi a dire ai cittadini — sostiene Fs — che, per viaggiare in treno, potranno spendere più di prima.

La settimana scorsa Mauro Moretti, amministratore delega­lo della società ferroviaria controllata al 100% dal ministero dell’Economia, ha minacciato di tagliare i treni locali per mancan­za di fondi, temendo la diminu­zione, causa crisi, dei trasferi­menti pubblici dalle regioni. «Non si possono pretendere in­vestimenti sulla base di un pia­no incerto», ha detto Moretti. Ora il mappo di Stato va all’attac­co sulle liberalizzazioni, portan­do altro materiale per la neona­ta (ma non ancora operativa) Au­torità dei Trasporti che, per il decreto Cresci Italia, dovrebbe tra smettere a governo e Parlamen­to una relazione sul grado di se­parazione della rete ferroviaria nei Paesi europei entro il 30 giu­gno. Termine non tassativo, elle difatti scadrà. Ma Fs, minaccia­ta, si muove.

Più incentivi, più traffico

Sul Corriere Economia del 14 maggio l’istituto guidato da Al­berto Mingardi aveva proposto una via per aumentare livello di servizio e concorrenza nei treni italiani, quella dei «quattro Mo­retti»: dividere in quattro le Fer­rovie dello Stato, con altrettanti consigli d’amministrazione: tra­sporto passeggeri, merci, treni regionali, rete (i binari). E poi privatizzare tutto, tranne la rete. Dove la netta separazione (gestionale, la rete alla fine è rimasta di Stato), con privatizzazio­ne, c’è stata, come in Inghilterra e Svezia, il traffico ferroviario è aumentato, nota Ibl. Ma non c’è correlazione tra separazione, liberalizzazione e crescita del trasporto ferroviario», ribatte ora Ferrovie. Che porta la sua versione. «Sia nei Paesi liberaliz­zati sia in quelli a monopolio, merci e passeggeri su rotaia au­mentano grazie ad altro — dice Barbara Morganti, direttore cen­trale Strategie e pianificazione del gruppo Fsi: – le politiche di sostegno del trasporto pubblico locale, gli incentivi alle merci su ferrovia, i disincentivi sulla gom­ma. Politiche assenti in Italia».

Se si viaggia di più in treno, è la tesi di Ferrovie, non è insom­ma perché chi ha i binari è un ente diverso da chi gestisce i tre­ni, o per il diverso amministrato­re delegato di quattro società, magari private, ma per «l’impe­gno finanziario crescente dello Stato, sia nel sostegno al traspor­to pubblico locale, sia negli Inve­stimenti in infrastruttura». A sup­porto, Morganti porta la crescita del traffico in Paesi simili all’Italia come Francia e Germania.

I rincari inglesi

Quanto ai prezzi, «le statisti­che dimostrano un incremento del 14% delle tariffe ferroviarie in Gran Bretagna dai 2004 al 2011, in termini reali — dice Morganti, citando il rapporto National Reti Trends dell’Ora il regolatore inglese. E in termi­ni assoluti le tariffe del trasporto locale sono in media, rispetto al­l’Italia, il doppio in Gran Breta­gna e il triplo in Svezia. Il costo del sistema ferroviario dal 1997, nel suo complesso, è raddoppia­to per i contribuenti inglesi. Quello svedese, è aumentato di due terzi. In Italia è sceso del 5%, nonostante la costruzione dell’Alta velocità». I dati del mi­nistero dei Trasporti britannico confermano: +17%, al netto dell’inflazione,         tariffe ferroviarie fra il ’97 e il 2010, cresciute più dell’indice dei prezzi al consu­mo e più di tutti i costi dei veico­li a motore.

Rincara Morganti: «Nel tra­sporto regionale il differenziale di prezzo è abissale: più del dop­pio in Gran Bretagna, più del tri­plo in Svezia»; e su dati 2011 Nash, Nilsson, Link mostra un prezzo medio del biglietto dei treni regionali, in Italia, di 3,6 centesimi per passeggero-chilo­metro, contro i 7,6 in Germania, gli 8,1 in Gran Bretagna, gli 11,7 in Svezia. Stesse proporzioni sulla lunga percor­renza. È chiaro che il potere d’ac­quisto di tedeschi, svedesi e in­glesi è maggiore di quello degli italiani, ma il dubbio resta: le liberalizzazioni devono essere un vantaggio per i cittadini. Che strada seguire, dunque?

Un parere cruciale sarà quel­lo dell’Authority, il regolatore destinato a sbrogliare il ginepraio, che però è ancora in alto mare. Il 9 maggio ne sono stati designati il ­presidente, Mario Sebastiani, e il collegio, ma la sede non c’è (si sono candidate Roma, Mi­lano e Torino) e i tre membri non si sono mai riuniti. Manca­no l’ok di quattro commissioni parlamentari, il varo del Consi­glio dei ministri e il decreto del presidente del Consiglio. Devo­no insediarsi poi 50 persone: tut­te, probabilmente, dal ministero guidato da Corrado Passera. Che vorrebbe far partire l’Autho­rity a metà luglio, ma si vedrà.

Docente di Economia politica a Tor Vergata, ex consulente dei ministri dei Trasporti, Burlando Treu e Bersani, Sebastiani stu­diò la liberalizzazione dei treni dal ’95 al 2001 e proprio lui ela­borò un progetto di legge per isti­tuire l’Autorità dei Trasporti. Ora ha modo di applicare la teo­ria alla pratica, ma chi lo invidia.

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